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Agnieszka Fąferek © Lorenzo Lanzo

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Agnieszka Fąferek © Lorenzo Lanzo

Premio Diana Bracco - Imprenditrici ad arte Seconda edizione. Agnieszka Fąferek

La rubrica di approfondimento dedicata al premio promosso dalla Fondazione Bracco in collaborazione con la Fondazione Roberto de Silva e Diana Bracco, che celebra la figura dell’imprenditrice in ambito artistico

 


 

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Elena Correggia

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Istituito in linea con l’impegno della Fondazione Bracco nella promozione del merito e delle competenze femminili in collaborazione con la Fondazione Roberto de Silva e Diana Bracco, il Premio Diana Bracco-Imprenditrici ad arte celebrerà la sua seconda edizione alla prossima Artissima. Anche quest'anno sarà accompagnato da una rubrica di approfondimento e riflessione sulla figura dell’imprenditrice nel mondo dell’arte. Sei gli appuntamenti previsti, a partire da un’introduzione sulla nascita della figura della gallerista nel corso del secondo Novecento. A seguire, le interviste con le tre giurate: Chiara Parisi (direttrice del Centre Pompidou, Metz), Giovanna Forlanelli (presidente della Fondazione Luigi Rovati, Milano), Isabella Bortolozzi (fondatrice di Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino), oltre alla vincitrice del premio 2024 e, infine, alla promotrice Diana Bracco.

Giovane, coraggiosa, determinata, Agnieszka Faferek (Pila, Polonia, 1992), è la vincitrice del Premio Diana Bracco Imprenditrici ad arte 2024. Eastcontemporary è la sua galleria, fondata nel 2000 a Milano come spazio non profit. Come si è trasformata in una galleria e con quali obiettivi?

Eastcontemporary ha preso avvio verso la fine del 2020 secondo il format del non profit, anche se avevo già in mente un possibile modello alternativo di galleria. Eravamo durante la pandemia, un momento molto difficile, ma presentandosi l’occasione di poter disporre di uno spazio interessante (in via Pecchio, zona Loreto ndr) ho deciso comunque di aprire. E proprio dalla pandemia è arrivato un successo comunicativo inaspettato: a Milano non succedeva quasi niente, tutto era chiuso, mentre Eastcontemporary, pur con qualche intervallo dovuto agli obblighi di chiusura, ha comunque continuato la sua programmazione. Visto l’interesse del pubblico di collezionisti italiani dopo sei mesi, nella primavera del 2021, ho deciso di trasformare l’attività in quella di una galleria e di conseguenza si è definita in maniera organica la scelta degli artisti con cui ho deciso di lavorare.

Qual è stato il suo percorso formativo e professionale prima di fondare Eastcontemporary?

Ho studiato Cultural studies in Polonia e teatrologia, un percorso che ho proseguito anche a Londra. Qui mi sono avvicinata alle arti visive grazie a un’esperienza lavorativa al Victoria and Albert Museum. Dopo aver conosciuto un ragazzo italiano, il cuore mi ha portato a Milano, dove mi sono laureata in Gestione dei beni culturali all’Università Cattolica, specializzandomi in art market. Ho lavorato a Venezia alla Peggy Guggenheim Collection, poi dopo alcune collaborazioni con curatori indipendenti e gallerie prima di decidere di mettermi in proprio.

 La sua ricerca valorizza talenti emergenti dell’Europa centrale e dell’Est (artiste come Anastasia Sosunova, Mila Panic, Eliska Konecna, Emilia Kina, solo per citarne alcune), ma ha esposto anche artisti di altre nazionalità. Come decide chi sostenere?

Desideravo avere una specializzazione e ho scelto di seguire artisti provenienti dall’Europa centrale e dell’Est, perché quella è la mia origine e l’area che meglio conosco. Ma questo non preclude mai il confronto fra artisti di altre aree geografiche, anzi. Già con la mostra del collettivo Slavs and Tatars l’anno scorso ho esteso lo sguardo all’Asia, a quelle regioni che hanno avuto un passato sovietico. Ora, grazie al supporto del premio, vorrei investire in una programmazione di mostre più complesse che richiedono maggiore ricerca, collaborando anche con curatori esterni. Fra le prossime mostre in programma ci sarà ad esempio una collettiva dedicata al tema dello storytelling con un focus sui Balcani.

 Da imprenditrice nel mondo dell’arte si è mai sentita discriminata in quanto donna?

Il mondo dell’arte non è semplice e ancora di più per una giovane donna straniera. Come aneddoto posso dire che spesso chi entrava in galleria mi chiedeva di poter parlare con il titolare, non credevano potessi essere io! Come giovani donne imprenditrici dobbiamo dimostrare di più e in un certo senso abbiamo una maggiore responsabilità.

Quali sono le caratteristiche che la giuria ha più apprezzato?

Immagino abbiano apprezzato il programma di ricerca della galleria, il coraggio anche di proporre cose nuove. Penso ad esempio al lavoro di Mila Panic, che ho proposto l’anno scorso ad Artissima. È un’artista nata in Bosnia Erzegovina che vive fra Berlino e Sarajevo e che oltre alle arti visive utilizza le stand-up comedy per raccontare storie autobiografiche. La sua narrazione intreccia quotidianità a eventi storici, utilizza spesso un umorismo «dark» per esorcizzare paure e dolori legati anche alla storia passata.  

Quali artisti  ha proposto quest’anno ad Artissima?

Ho presentato un solo show di Aziza Kadyri, che quest’anno rappresenta l’Uzbekistan alla Biennale di Venezia insieme con il suo collettivo Qizlar. I suoi lavori sperimentano un’innovativa interazione fra memoria personale, eredità culturale del proprio Paese, spesso espressa attraverso tessuti e ricami, e le nuove tecnologie, in particolar modo l’intelligenza artificiale.

Attualmente la galleria Eastcontemporary rappresenta tutte artiste donne. È una scelta?

È vero, attualmente lavoro con artiste, quasi tutte degli anni ’90, la mia generazione. Non è una scelta deliberata, perché non mi precludo di lavorare anche con uomini, tuttavia penso derivi dalla sensibilità comune e affinità personale che mi lega con ciascuna artista con cui lavoro. D’altra parte per anni molte gallerie hanno lavorato solo con artisti uomini e nessuno ha mai domandato il perché. 

Elena Correggia, 07 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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