Arabella Cifani
Leggi i suoi articoliQuanti sono i pittori caravaggeschi? Parafrasando un brano evangelico si può dire «Legio mihi nomen est, quia multi sumus». Ogni tanto, fortunatamente, appaiono studi fondati su alcuni di questi artisti e si accende una luce, anche per i quadri più bui.
A Parigi è da poco in libreria una monografia di Pietro Paolini opera di Nikita de Vernejoul, singolare figura del mondo dell’arte. Cardiologa, collezionista di pittura italiana del Seicento, ha conseguito un dottorato in storia dell’arte sul pittore Pietro Paolini alla Sorbona. Paolini è da anni al centro dei suoi interessi e delle sue pubblicazioni. Una solidissima trattazione, basata su studi documentati e ricerche minuziose di opere d’arte in tutto il mondo permette a lei e a noi di cogliere nella sua interezza per la prima volta la figura di Paolini, pittore di grande fascino artistico ma poco conosciuto al di fuori del giro degli specialisti.
Nato a Lucca nel 1603, nel 1623 si reca a Roma ed entra nella bottega di Angelo Caroselli, noto copista e falsificatore. A Roma conosce tutte le novità dell’arte del tempo e dipinge tele di sapore caravaggesco molto intense, caratterizzate da una personale declinazione della «manfrediana methodus». Nel 1628 si reca a Venezia per migliorare la sua conoscenza della pittura veneta. La morte del padre nel 1629 lo costringe a tornare a Lucca da dove non si muove più e dove muore nel 1681.
Paolini è autore di quadri emozionanti dove i personaggi entrano in dialogo diretto con lo spettatore. Sono tele di impostazione moderna, dalla gamma cromatica luminosa, di taglio quasi cinematografico, come nel caso di «Le età della vita», del 1630 circa, certamente uno dei più bei quadri italiani del Seicento, dove con straordinario virtuosismo sono delineati quattro personaggi che non comunicano fra di loro e rappresentano tre età: un vecchio che piange tenendo un teschio fra le mani, una giovane donna che, aiutata da una serva, si acconcia i capelli adorni di fiori e ha davanti a sé un vertiginoso brano di natura morta con un vaso pieno di fiori, un violino, dei fogli di musica. Ultimo sulla destra, un fanciullo che gioca con un grillo. Un quadro ricco di allegorie morali e di significati reconditi che non ci si stanca di osservare.
Ma Paolini era anche fine conoscitore di musica e inventore in questo settore di motivi iconografici nuovi, e i suoi quadri quasi si possono ascoltare poiché molti sono dedicati alla musica e a rappresentazioni di musicisti. Anche suoi numerosi ritratti appaiono eccentrici rispetto a quanto prodotto al tempo: opere erudite che trasmettono a volte un’ansia profonda in grado di emozionare l’osservatore. Pittore «di grande stranezza e nobile invenzione», emerge finalmente da questo libro esemplare, con un catalogo ragionato che accresce il corpus dei suoi dipinti autografi con recenti scoperte e numerose opere date alla sua bottega. Il volume mette in luce un’arte complessa e rivela un pittore di grande talento, immerso in un mondo spirituale inquieto e originale.
Pietro Paolini 1603-1681
di Nikita de Vernejoul, prefazione di Elena Fumagalli, 292 pp., 381 ill., Arthena, Parigi 2024, € 125
Altri articoli dell'autore
In un nuovo volume edito dalla Fondazione Zeri, Susanna Zanuso passa in rassegna tutti i più bei nomi dell’arte plastica meneghina dell’epoca (Biffi, Prestinari, Rusnati, Bellandi, Vismara, Bussola...), illustrati in una straordinaria campagna fotografica
La ritrattistica fra Cinque e Ottocento di guerrieri bellicosi, di presunte vedove e di personaggi spesso terrificanti in un ponderoso saggio di Jan K. Ostrowski
Al Fine Arts Film Festival di Venice in California, il film sul pittore emiliano vince il Best Historical feature
Il libro di Virtus Zallot interroga la visione tradizionale del rapporto e del legame fra immagini e letteratura di un’emozione universale alla ricerca di spiegazioni più profonde