A Roma hanno scavato archeologi di tutta Europa, a partire dai francesi che durante l’occupazione napoleonica del 1809-14 liberarono l’area della Colonna Traiana e del Foro romano presso il Campidoglio. Napoleone III, a sua volta, a metà ’800 acquistò gli Horti Farnesiani sul Palatino. Dopo l’Unità d’Italia, i rapporti Italia-Francia in nome della cultura si fecero più intensi, fino alla nascita tra il 1873 e il 1875 dell’École française de Rome, per opera dello storico Auguste Geffroy, suddivisa oggi tra le sedi di Palazzo Farnese (che ospita anche l’ambasciata di Francia) e di piazza Navona 62.
La mostra «Un museo per l’École», aperta in questa seconda sede fino al 20 dicembre, presenta per la prima volta la collezione archeologica dell’istituzione, ordinata scientificamente dagli archeologi, e curatori dell’esposizione, Christian Mazet e Paolo Tomassini. In tutto sono 200 reperti, tra sculture, terrecotte etrusco-laziali, vasi greci ed etruschi, oltre a documenti d’archivio dell’École e di Palazzo Farnese. Dalle sale di rappresentanza della grande dimora rinascimentale giungono anche una serie di sculture romane. Di grande pregio sono le decine di preziosi vasi attici donati nel 1879 all’École française de Rome da Augusto Castellani, quasi tutti provenienti dalla necropoli di Cerveteri. Tra di essi, capolavori quali una kylix a figure rosse del V secolo a.C., attribuita al Pittore di Pentesilea, con efebo drappeggiato e appoggiato a un bastone, o un cratere a figure nere del VI secolo a.C., con opliti e una quadriga. Di grande valore storico, in sé e per la stessa all’École, una testa di giovane in terracotta, di epoca repubblicana, scoperta da mano francese nel 1878, quella dell’archeologo Emmanuel Fernique, in occasione del primo grande scavo commissionato dall’École française de Rome, al Tempio di Ercole a Palestrina, presso Roma. La superficie conserva ancora strati di colore rosso e bianco a simulare l’incarnato della pelle.