Procopio Procopius
Leggi i suoi articoli«Caro Procopio,
a me l’arte piace. Forse non ne capisco molto, però mi piace: la ritengo una testimonianza fondamentale della storia delle civiltà che dalla preistoria ad oggi hanno abitato, sofferto, gioito, combattuto, amato, aggredito, vinto, perso, insomma tutte le cose che facciamo in genere da che stiamo al mondo. Il mio fidanzato, che studia filosofia, dice che la mia è una visione veteromarxista dell’arte e della storia (che sarà la mia materia di laurea). Insisteva, quando lo scorso anno siamo stati a Vienna e al Kunsthistorisches Museum, tra i dipinti di Vermeer e Rembrandt, c’erano i quadri di una mostra temporanea di Georg Baselitz. Federico mi ha spiegato che si tratta di un grande protagonista del pensiero postmoderno, interprete della circolarità della storia e della ripetizione differente. Non dico che Vermeer e Baselitz siano tutti e due bravi, però, al netto dei soggetti rappresentati, sono diversi: anche l’estetica è un riflesso della storia e loro, se non mi sbaglio, sono vissuti in due epoche molto diverse.
Per me anche i musei sono un documento storico. Forse è per questo che mi sono irritata adesso che ho letto che a Roma alla Galleria Borghese, testimonianza da svenire dell’attività collezionistica di un cardinale del Seicento, verranno esposte delle opere di Louise Bourgeois. Prima ci avevano messo gli alberi e le foglie di Penone, perché, mi ha spiegato Federico, ci sono delle connessioni «incredibili» (come dice lui) tra la sua poetica e il mito di Apollo e Dafne, che tutti possiamo ammirare nel marmo di Bernini. Ammetto che la faccenda comincia a diventare una questione di principio. Ma perché uno che vuole visitare un museo d’arte antica si deve per forza beccare anche opere verso le quali non ha nessun interesse? Non sono così ottusa da non immaginare che mescolare Baselitz e Rembrandt o Canova e Louise Bourgeois faccia gioco a tutti: agli antiquari, ai galleristi e al museo che acchiappa quattro piccioni con due fave. È farci credere che queste siano operazioni intelligenti, culturali, educative e pedagogicamente trasversali che mi puzza. Sbaglio se mi permetto di dubitare che Duchamp e Caravaggio siano pappa e ciccia solo perché entrambi si sono autoritratti col capo mozzato, come invece vuol farci credere un famoso storico dell’arte antica? È troppo se chiedo di vedere un museo d’arte antica senza arte contemporanea ficcata a forza tra marmi e oli su tela? Visitare Pompei senza beccarmi anche Mitoraj? Entrare nel Mausoleo di Teodorico e non trovarci la mostra del mosaicista ravennate contemporaneo? Certo, il discorso è reversibile: è troppo chiedere di poter vedere una Biennale d’arte contemporanea con opere di artisti attivi in tutti i sensi e senza artisti moribondi o morti in cerca di un rilancio in extremis, loro, i loro eredi o i loro mercanti? Riuscirò a bere una birra senza avere alle pareti le opere di giovani artisti che a forza di esporre nelle birrerie e nelle pinserie invecchieranno senza mai avere esposto in una vera galleria?»
Sara, studentessa di Verona
Conosco locali art free
«Cara Sara,
per la birra ho qualche speranza (io stesso conosco locali art free). Per il resto ho molti dubbi. E non litighi col suo ragazzo per queste cose, guardi che non ne vale la pena. Del resto oggi tra i curatori di mostre d’arte contemporanea sono assai meno numerosi i laureati in storia dell’arte rispetto ai filosofi. Ed è anche vero che sempre più spesso non solo i filosofi, ma anche gli archeologi scrivono d’arte contemporanea».
Procopio Procopius
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