Giorgio Guglielmino
Leggi i suoi articoliAdriano Pedrosa, direttore artistico della Biennale di Venezia 2024, aveva trent’anni quando nel 1995 uscì il film di Carlo Verdone «Viaggi di nozze» (nella foto, un fotogramma) che contiene l’ormai mitica scena di Verdone con Claudia Gerini con la frase di culto «O famo strano?». Pedrosa probabilmente lo ha visto e la frase gli è tornata alla mente quando gli venne affidato l’incarico di curare la Biennale di Venezia e iniziare la selezione degli artisti da invitare. «La Biennale sarà una celebrazione dello straniero, dell’outsider, del queer e dello strano», come afferma lo stesso Pedrosa. I più di 300 artisti presenti non sono quindi rappresentativi della qualità, bensì della diversità. Ormai in questo mare magnum guidato dall’ossessione per il politically correct e dal predominio dell’inclusione a tutti i costi delle categorie sociali a scapito del valore delle opere, a me verrebbe voglia di vedere una Biennale veramente inaspettata, dirompente, quasi sfacciata. Si potrebbe intitolare «The Empire strikes back», come uno dei film della saga di «Guerre stellari». Non verrebbe invitato alcun collettivo e gli artisti sarebbero: Gerhard Richter, Gilbert & George, Barbara Kruger, Tony Cragg, Giulio Paolini… Che scandalo!
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