Gareth Harris
Leggi i suoi articoliL’artista Pavlo Makov, che ha rappresentato l’Ucraina alla 59ma Biennale di Venezia del 2022, vive sotto le bombe dell’invasione russa a Charkiv, seconda città dell’Ucraina, nel Nord-Est del Paese. Collegato su Zoom, racconta la sua esperienza di vita e di lavoro.
Originario di San Pietroburgo, Makov osserva che, al momento in cui parla, le forze russe sono a circa 24 km da Charkiv. Racconta che quando suonano le sirene di guerra i supermercati chiudono e che ogni tanto i bombardamenti fanno tremare le finestre del suo studio, ma «voglio essere chiaro: non c’è panico in città. Gli esseri umani sono così resistenti che possono abituarsi a ogni situazione, aggiunge, ma quando si ha a che fare con la Russia può succedere di tutto... Per me è assolutamente chiaro che possono usare anche armi nucleari».
Makov sottolinea che a Charkiv la comunità di artisti è attiva. La sua mostra personale all’Università Nazionale di Charkiv, ad esempio, include «The Fountain of Exhaustion» (La Fontana dell’Esaurimento), la sua installazione che avevamo visto per la prima volta due anni fa alla Biennale di Venezia. L’opera trae origine dalla Charkiv degli anni ’90, quando la città era spesso afflitta da carenza d’acqua e in tutta l’Ucraina si registravano diffuse tensioni politiche e sociali. La scultura è diventata un simbolo della resilienza dell’Ucraina e dei suoi artisti in tempi di guerra, ma ci parla anche dell’esaurimento delle risorse naturali e del nostro rapporto con la natura. «È stato difficile portare la fontana in laguna, una vera e propria sfida, spiega. Nel 2022 la cocuratrice Maria Lanko mi aveva chiamato da Vienna, mentre ero in un rifugio antiatomico di Charkiv. Siamo riusciti a ricostruire la fontana per la Biennale di Venezia e l’abbiamo realizzata in tre settimane in Italia». Aggiunge: «Il 29 giugno si è chiusa una grande mostra nel Centro d’arte contemporanea Jermylov, che appartiene all’Università di Charkiv e aveva deciso di riprendere l’attività artistica più di un anno fa. È intitolato a Vasyl’ Jermylov, il famoso artista costruttivista che visse, lavorò e morì proprio a Charkiv».
Un’altra versione di «The Fountain of Exhaustion» è in mostra fino al 27 ottobre nella corte interna del MuseumsQuartier di Vienna. Dopo che nel 2023 Makov aveva rifiutato la sponsorizzazione della banca austriaca Raiffeisen il progetto sembrava compromesso, ma poi altri finanziamenti sono stati assicurati.
A preoccupare Makov è anche il fatto che, con l’avanzare della guerra, «non c’è assolutamente nessuna idea su come gestire la politica culturale e la promozione culturale dell’Ucraina». La maggior parte delle iniziative culturali lanciate al di fuori del Paese sono ora finanziate non dallo Stato, ma da soggetti privati. «Anche tutto quello che abbiamo fatto a Venezia è stato promosso grazie agli sponsor», sottolinea. Secondo Makov, i collezionisti privati continuano ad acquistare le sue opere, il che significa che può continuare a mantenersi come artista. «Ho ottimi rapporti con Francesca Thyssen-Bornemisza, che l’anno scorso ha acquistato tre mie opere. Anche il Victoria and Albert Museum di Londra ha acquistato due mie opere». Francesca Thyssen-Bornemisza ha contribuito in modo determinante a mantenere viva l’attenzione sugli artisti ucraini dopo l’invasione attraverso la sua iniziativa Museums for Ukraine, che, spiega un portavoce, mira a «proteggere, preservare e celebrare gli oggetti e le collezioni culturali dell’Ucraina».
Museums for Ukraine sta sostenendo un altro importante progetto: la mostra «In the Eye of the Storm: Modernism in Ukraine, 1900-1930s» alla Royal Academy of Arts di Londra (fino al 13 ottobre), organizzata in collaborazione con il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. La mostra comprende 65 dipinti a olio, schizzi, collage disegni teatrali, molti dei quali in prestito dal Museo Nazionale d’Arte dell’Ucraina e dal Museo del Teatro, della Musica e del Cinema dell’Ucraina a Kiev.
Makov avrebbe avuto anche l’opportunità di trasferirsi in Italia, ma ha preferito rimanere in Ucraina: «Quando ho pensato che sarei rimasto lontano dal mio Paese, ho avuto la sensazione di perdere i sensi...», spiega.
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