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L’interno della Miniera Gaffione, Schilpario

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L’interno della Miniera Gaffione, Schilpario

Nuovi musei e vecchie miniere: nel cuore della Terra in ValSeriana e Val di Scalve

Itinerari e visite guidate per esplorare le profondità della terra nella cornice prealpina delle valli bergamasche, tra antichi siti minerari noti già a Leonardo e Plinio il Vecchio, ricchi di ferro, zinco, fluorite e barite, oggi trasformati in mete di un turismo culturale tra arte, scienza e cultura

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Jenny Dogliani

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L’uomo estraeva pietre e metalli dalla crosta terrestre già nella Preistoria, la più antica miniera a oggi conosciuta, nell’Africa meridionale, risale infatti a 43mila anni fa, ed era utilizzata per estrarre ematite da cui si ricavava un pigmento rosso ocra. Diffuse dai Regni Egizi all’Impero romano, al Medioevo, le attività minerarie raggiusero notevoli progressi e profondità (fino a qualche centinaio di metri). La polvere da sparo prima e la rivoluzione industriale poi, con processi di automazione e meccanizzazione, diedero una grossa spinta al lavoro nelle miniere. Nel Novecento in Italia si contavano circa 3mila siti, dove si estraevano grandi quantità di carbone, zinco, rame, argento, ferro e molto altro ancora. Oggi la maggior parte di questi siti è stata dismessa, dando luogo in alcuni casi a rilevanti siti minerari visitabili, a volte accompagnati da musei dedicati. È il caso per esempio dell’Ecomuseo della Miniera di Gorno in ValSeriana e della Miniera Gaffione di Schilpario nella Val di Scalve.

Esterno della Miniera di Gaffione, Schilpario

L’ingresso del Sito minerario di Costa Jels, Gorno

L’incantevole scenografia prealpina della Val di Scalve ha fatto da cornice fino agli anni Settanta alla vocazione mineraria di un territorio ricco di giacimenti di ferro, barite e fluorite. Fino al 1796 tali giacimenti erano ancora regolamentati dalla prima legge mineraria istituita nel 1488 dalla Serenissima Repubblica di Venezia, cui la valle faceva capo. Nel 1600 si passò dall’uso di metodi arcaici ed empirici all’uso della polvere nera. I minerali erano estratti e trasportati attraverso stretti cunicoli da ragazzini muniti di lampade a olio, finché negli anni Trenta le grandi società siderurgiche (Falck, Breda, Ferromin) rilevarono le concessioni e introdussero macchinari ad aria compressa, ferrovie decoville e pale meccaniche. Le miniere chiusero definitivamente negli anni Settanta, ma ancora oggi è possibile scoprire storia e atmosfere del complesso minerario di Schilpario, vecchio 2mila anni, esteso per sessanta chilometri di gallerie, di cui 4 visitabili, in parte a piedi, in parte a bordo dei vagoni originali, a una temperatura media di circa 7 gradi. Indossando mantella e caschetto protettivo ci si può inoltrare nei cunicoli e immergersi nella dura vita dei minatori del secolo scorso, grazie anche a preparatissime guide, documentazioni e fotografie d’epoca, utensili e oggetti originali. Il percorso di visita prosegue poi al Museo dell’Illuminazione Mineraria, primo nel suo genere in Europa. Inaugurato nel 2018 conserva oltre 2mila tra lampade e carrelli da miniera, elmetti, telefoni, fotografie d’epoca. Si va dagli antichi lumi a olio alle lampade ad acetilene, alle luci elettriche, ripercorrendo le varie tappe storiche e tecnologiche dell’illuminazione mineraria. Sono anche disponibili (per le scuole su prenotazione) laboratori didattici sulla geologia locale, la lavorazione e fusione dei metalli e l’illuminotecnica. A Schilpario sono anche da visitare il Museo Etnografico, che documenta usi e costumi locali, e il Museo d’arte sacra nella Chiesa di San Rocco, che custodisce, tra l’altro, numerosi oggetti appartenuti a personaggi di spicco di Schilpario, come il Cardinal Angelo Maj.

Il Museo dell’Illuminazione Mineraria a Schilpario

L’Ecomuseo delle Miniere, Gorno

Nella ValSeriana, alla destra del fiume Serio, si estende la Valle del Riso, che deriva il proprio nome dall’omonimo torrente e che ha fra i suoi Comuni Gorno e Oneta. Anche questi verdi e rigogliosi versanti hanno fatto per secoli da scenario all’attività mineraria, in particolare all’estrazione dello zinco. Plinio il Vecchio documentò nella sua Naturalis Historia come queste aree fossero zone di scavo della cadmia, fusa insieme al rame per realizzare l’ottone. Nel 1500 le miniere di zinco di Gorno figurano in uno studio topografico e minerario realizzato da Leonardo da Vinci per il governatore di Milano, Carlo d’Amboise. Nel secondo Ottocento l’attività delle miniere di Gorno passa ad alcune imprese inglesi e a quella dei fratelli e banchieri livornesi Flaminio, Isacco e Alberto Modigliani, rispettivamente padre e zii del celebre pittore Modì. Con 230 chilometri di scavi su 2.000 metri di dislivello, la galleria più lunga è di 11 chilometri e il pozzo più profondo di 340 metri, le miniere di Gorno davano lavoro a 1.500 persone tra i minatori, i ragazzini che trasportavano lungo i cunicoli il materiale e le taissine che lo selezionavano con il martello. La visita parte dal Museo Minerario, dove video, documenti e vari utensili illustrano il lavoro e gli ambienti di lavoro dei minatori, i vari minerali estratti, i processi di lavorazione e trasformazione del metallo cui è dedicato un laboratorio. Dopodiché, muniti di elmetto e lampada, si è pronti per visitare le miniere di Costa Jels e scoprire le varie tecniche di perforazione dall’epoca romana al Medioevo, agli anni Sessanta, conoscere la storia del minatore Charlie, all’anagrafe Modesto Varischetti, che emigrato per lavoro in Australia nel 1907 rimase intrappolato dall’acqua a circa 200 metri di profondità; si salvò trovando rifugio in una nicchia nella quale i soccorritori potevano mandargli acqua cibo e luce, finché, dopo 9 giorni di isolamento, fu liberato grazie a una complessa operazione di salvataggio. Fondato nel 2009, l’Ecomuseo delle Miniere di Gorno propone vari percorsi tematici che spaziano dalla storia delle miniere al territorio e ambiente naturalistico, dai vecchi borghi alle tradizioni popolari e religiose. La forte devozione è qui testimoniata nove chiese tra cui la Chiesa Parrocchiale di San Martino, che custodisce numerose opere d’arte di artisti locali, e il Santuario del Santissimo Crocifisso, all’ingresso del paese.

La Birra Frera a Schilpario

Lo spumante Costa Jels

Le profondità di queste verdi e rigogliose valli non offrono solo giacimenti e storie minerarie, ma anche un’acqua cristallina dalla quale si producono birre e vini molto particolari. Nel 2020 Anselmo Agoni, gestore delle Miniere di Schilpario ha dato vita alla Birra Frèra, quella che lui stesso definisce «una birra da miniera», affinata nelle gallerie della miniera e ricavata dall’acqua che sgorga dalla sorgente del torrente Gaffione, nel ghiacciaio del monte Vivione: una birra fresca e ramata prodotta dal Birrificio Pagus e vincitrice di numerosi premi. A Gorno, invece, l’Azienda Vitivinicola Nove Luna ha messo a riposare nelle gallerie di Costa Jels riposa, per almeno cinque anni, lo spumante Costa Jels. 

Attività realizzata con il contributo di Regione Lombardia nell’ambito del bando Ogni Giorno in Lombardia, progetto Campagna «Le Magnifiche Valli tra Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023»

Info

GORNO (BG). Ecomuseo delle Miniere di Gorno, piazzale Bersaglieri, tel. 320/1662040, Museo delle Miniere+visita guidata ai siti minerari ogni seconda domenica del mese con prenotazione

 SCHILPARIO (BG). Museo dell’Illuminazione Mineraria, via Serta 4, tel. 347/8163286, mer-ven 9-12/13,30-17; luglio, agosto e festività mer-sab 9-12/13,30-17, dom 8,30-13,30; Miniera località Gaffione, tel. 339/6055118

valseriana.eu

Jenny Dogliani, 29 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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