Tina Lepri
Leggi i suoi articoliIl restauro è terminato, ma l’«Ultima Cena», il grande affresco di Raffaello del Colle detto Raffaellino (Sansepolcro, 1495-1566), è ancora nascosta a tutti in attesa della fine dei lavori in corso nel quattrocentesco Santuario di Santa Maria del Sasso, in uno scenario naturale intatto alle porte di Bibbiena. Poiché il complesso da anni non era stato oggetto di manutenzione in quanto lasciato alla custodia di due soli frati anziani, era necessario intervenire sulle antiche strutture, rifare i tetti, consolidare e restaurare il grande chiostro affrescato nell’800.
L’intervento architettonico, progettato e condotto dall’architetto Roberto Brami, è partito nel 2020 e sta proseguendo a «passo lento» in quanto l’unico finanziatore è l’Ordine dei Frati Domenicani, da sempre proprietario del grande complesso che comprende la chiesa, con importanti opere d’arte, cappelle, molti altri ambienti e decine di stanze. Il santuario è stato anche, per secoli, sede di un convento di clausura di monache domenicane, quindi inaccessibile.
Una prima eccezione è stata fatta nel 2017 quando al Santuario giunse Mina Gregori per la presentazione del restauro della «Madonna del Rosario», dipinto seicentesco di Pietro Paolini. In quell’occasione fu aperta agli ospiti anche una delle parti più intime della clausura, il refettorio delle monache e fu possibile vedere l’«Ultima Cena» di Raffaellino del Colle.
Nel 2019 le poche suore rimaste furono trasferite altrove e il convento, ormai vuoto e aperto senza divieti, rivelò i suoi tesori d’arte dimenticati. Tra questi spicca proprio il grande e trascurato affresco di Raffaellino del Colle, del quale non esisteva fin a quel momento neppure una foto a colori, una rappresentazione raffinata dell’«Ultima Cena» con elementi originali come la presenza di un diavolo ghignante tra le gambe di Giuda.
L’affresco, lungo più di otto metri e alto quasi tre, occupa l’intera parete di fondo dell’ex refettorio delle monache. Il nome del suo autore è lo stesso di Raffaello del quale Raffaello del Colle, detto Raffaellino proprio per distinguerlo dal maestro, fu a lungo allievo e assistente. Agli inizi del ’500 lavorò con lui a Roma agli affreschi della Villa Farnesina e in Vaticano, fu poi al servizio dei Della Rovere a Urbino, quindi collaboratore di Giulio Romano, di Giorgio Vasari e autore di numerose opere, non solo in Toscana.
Tra i più importanti affreschi di Raffaellino si annovera proprio l’«Ultima Cena», che si trovava però in un pessimo stato di conservazione e che per essere restaurata doveva attendere che prima venisse risanata e messa in sicurezza la parete sulla quale era stata realizzata. Iniziato il primo settembre 2021, il lavoro ha impegnato la restauratrice Rossana Parigi per sette mesi: la superficie pittorica offuscata doveva essere ripulita e l’intonaco pericolante consolidato.
Ai problemi di conservazione si aggiungevano quelli causati da un malriuscito restauro fatto fare dalle monache a fine Ottocento. Rossana Parigi ha spiegato che per ritocchi pittorici e ridipinture erano stati usati anche colori acrilici, non facilmente reversibili, «dando così una lettura errata dell’immagine originale». Ora si deve lavorare alla valorizzazione del Santuario che conserva intatta la sua antica struttura e molti altri tesori.
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