Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliRebeca Romero (1982), peruviana originaria di Lima, residente a Londra, è la vincitrice della quinta edizione dell’OGR Award, il premio promosso da Artissima e Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Nelle ultime due edizioni il premio si è trasformato nella piattaforma Beyond Production: una giuria individua di anno in anno nella fiera torinese un artista cui commissionare la produzione di un’opera che coinvolga linguaggi e tecnologie innovativi.
Dopo «Surfing NFT», assegnato a Damon Zucconi (galleria Veda) ad Artissima 2021, è stata la volta di METAmorphosis, edizione curata da Ilaria Bonacossa, dedicata al metaverso, vinta da Rebeca Romero (galleria Copperfield, Londra). Il suo progetto realizzato per le imponenti navate del Duomo nelle OGR, intitolato «Semilla Sagrada», è stato presentato alle OGR lo scorso 17 maggio e resterà visibile per sempre e gratuitamente su spatial.io.
L’opera racconta la storia di un’antica civiltà del futuro adoratrice del Sacro Seme, una divinità ispirata alla mitologia Inca. Il progetto si muove su due piani paralleli, quello fisico e scultoreo dell’opera in tessuto ispirata alle antiche tuniche precolombiane, e il metaverso in cui il fruitore indossando appositi visori può attivare dei modelli in 3d del Sacro seme generando vari possibili mondi. Un’opera complessa attraverso cui Rebeca Romero ripensa all’ormai secolare rapporto tra uomo e macchina, reinterpreta gli equilibri tra spiritualismo e tecnologia, riscrivendo anche una storia alternativa di un’Occidente post colonialista, avvalendosi dell’Intelligenza Artificiale (IA) e dell’animazione in 3D. Ne parla l’artista.
Come è nato il progetto di «Semilla Sagrada»?
«Semilla Sagrada» è il proseguimento della mia ricerca sulla narrazione e sulla potenziale costruzione di artefatti. Nasce dalla storia, dalla cultura e dalla tradizione peruviana e dalla contaminazione tra tecnologia, storia e arte.
Con quali tecnologie è stato sviluppato?
Mi sono avvalsa dell’utilizzo di generatori di intelligenza artificiale, ricerche negli archivi online, processi di fotografia avanzata e fabbricazione digitale e tecniche di modellazione e animazione 3D.
Quale storia racconta?
Racconta la storia di un’antica civiltà del futuro, adoratrice del Seme sacro, una divinità che cambia forma, un essere vegetale magico. L’opera esplora l’intersezione tra le cosmogonie animistiche amerindie e un futuro post-umano, dove i confini tradizionali tra umano e non umano sono sfumati e la divinità è dispersa in un ampio spettro di esseri. Si tratta di un viaggio nel tempo e nelle pratiche di culto dello sciamanesimo amerindiano. Intrecciando elementi di storia, religione e tecnologia, «Semilla Sagrada» offre uno spazio per riflettere sul futuro dell’umanità e sul suo posto nell’universo.
C’è qualche episodio in particolare della mitologia peruviana a cui l’opera si ispira?
Non c’è una narrazione specifica a cui l’opera è ispirata, essa deriva in generale dalle credenze religiose animistiche del popolo Inca. La civiltà Inca possedeva una visione del mondo distinta, in cui gli elementi naturali, come montagne, sorgenti, fiumi e colline, avevano un significato sacro. Nel cosmo andino a una moltitudine di entità divine erano associate un’importanza emblematica e il potere di influenzare la fortuna o la sfortuna, l’abbondanza o la carestia, la vita o la morte. Gli Inca veneravano i loro antenati, i vari elementi del paesaggio, i modelli meteorologici e i fenomeni naturali: erano tutti al centro di preghiere e di offerte.
Come si mescolano nella sua ricerca la tradizione peruviana e la sua identità di cittadina londinese cosmopolita?
Il mio lavoro è per molti versi un tentativo di creare un legame con il patrimonio culturale peruviano. Ho trascorso metà della mia vita in Europa e il rapporto con la mia identità diasporica si è trasformato nel tempo, influenzando direttamente la mia pratica artistica. Momenti di traduzione errata, assimilazione e rappresentazione sono radicati nella mia mente e influenzano profondamente il mio modo di fare arte. C’è un innegabile elemento subliminale nel mio lavoro, probabilmente deriva da questa esperienza diasporica e risuona con idee spesso presenti nelle cosmovisioni indigene. Raccolgo le sfide e il potenziale di questo stato d’animo nell’era digitale. Quando affronto questo tema la tecnologia è sia un ostacolo sia una porta, sia un blocco sia un ponte. Accolgo la metamorfosi e l’«errore» come strategie di sopravvivenza, come il cambiamento di forma e il glitching nel regno digitale.
«Semilla Sagrada» è un’opera d’arte che esiste su più livelli ed è un progetto partecipato dal pubblico. Come si concilia la dimensione esperienziale e interattiva del metaverso con la dimensione estetica e contemplativa dell’arte tradizionalmente intesa?
Creo sculture, storie e ambienti immersivi che sfidano le prospettive coloniali dominanti a cui è legata la nostra comprensione della realtà. L’intersezione tra tecnologia, verità e finzione ne è il fulcro. In questo contesto il metaverso emerge come una piattaforma ideale che consente il passaggio in una «dimensione alternativa». La capacità del metaverso di ospitare più giocatori contemporaneamente contribuisce alla creazione di una verità condivisa, favorendo la sospensione dell’incredulità, necessaria per un tipo di esperienza così immersiva. Quando si tratta di conciliare la dimensione esperienziale e interattiva del metaverso con gli aspetti estetici e contemplativi dell’arte, trovo un equilibrio armonioso. L’ambiente immersivo creato all’interno del metaverso mantiene un’integrità artistica, invitando gli individui a confrontarsi con l’opera d’arte in modo riflessivo e introspettivo.
In «Semilla Sagrada» il tempo è una variabile che non scorre dal passato al futuro: tutto coesiste in un medesimo istante. Ci parla di un’antica civiltà del futuro, in una dimensione digitale caratterizzata dall’immortalità. (Secondo alcune stime tra il 2065 e il 2095 i profili online di utenti deceduti supereranno quelli di utenti in vita). Nel suo lavoro, dunque, lei modella il tempo e riscrive il passato del futuro. È così?
Rifletto costantemente sul momento in cui i mondi si sono scontrati e i colonizzatori occidentali si sono presi la responsabilità di invalidare i sistemi di credenze che esistevano da secoli nelle «incivili» Americhe. Affrontando il tempo in modo non lineare e disegnando futuri alternativi invito lo spettatore a immaginare la possibilità di un mondo al di fuori del sistema mondiale moderno-coloniale. In questo contesto, l’opera tessile «Manto» è presentata come un manufatto del futuro che funziona come testimonianza dell’esistenza di una civiltà fittizia. L’opera cerca di sfidare la nostra percezione del tempo e di provocare una riflessione sulla sua fluidità e sulla sua natura multidimensionale. «Semilla Sagrada» ci spinge a riconsiderare la nostra comprensione della storia, del passare del tempo e del potenziale impatto delle tecnologie emergenti sull’esperienza umana.
Come si immagina l’umanità e l’arte fra mille anni?
Non possiamo prevedere con certezza cosa accadrà tra mille anni, ma voglio credere che l’umanità continuerà a evolversi e ad adattarsi ai cambiamenti del mondo che ci circonda. Per quanto riguarda l’arte credo che vedremo una combinazione di forme tradizionali e di tecniche nuove e innovative che incorporano le tecnologie emergenti.
L’uomo avrà sempre bisogno di una mitologia?
La mitologia è stata parte integrante della cultura umana e si è evoluta e adattata in diverse regioni e periodi storici. È servita a spiegare i misteri del mondo, a fornire una guida morale, a preservare il patrimonio culturale e a offrire narrazioni che esplorano la condizione umana. Quindi, anche se la forma che assume può cambiare nel tempo, credo che ne avremo sempre bisogno per ricordarci che siamo più grandi di noi stessi.
Che cosa pensa dell’utilizzo dell’Intelligenza artificiale nell’arte?
Potremmo facilmente supporre che il progresso tecnologico continuerà a plasmare la vita umana e il fare arte. L’intelligenza artificiale (AI), la realtà virtuale (VR), la realtà aumentata (AR) e altre tecnologie emergenti potrebbero svolgere un ruolo significativo nella creazione e nel consumo dell’arte. Gli artisti potrebbero utilizzare strumenti avanzati per creare esperienze immersive e interattive, sfumando i confini tra il regno fisico e quello digitale. Nel mio lavoro, l’IA svolge spesso il ruolo di oracolo, incarnando la voce della mente alveare che sta alla base dell’ecosistema di Internet; si potrebbe dire che viene usata come uno strumento, ma io credo che sia più vicina a un collaboratore. Sono affascinata dalla ricerca di K Allado-Mcdowell sull’IA e sull’intelligenza non umana e sulle reti, e sarei d’accordo con loro nell’inquadrare l’IA come «una specie di veleno, che possiamo usare in modo curativo o dannoso, a seconda del nostro approccio».
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