Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliLa strategia e il calcolo vanno sempre bene, ma bisogna avere anche la merce giusta, altrimenti si chiacchiera a vuoto e il rischio è di precipitare allegramente in un burrone. Un verosimile dialogo sull’argomento potrebbe essere questo: «Abboccheranno, vedrai; ce la faremo! Giriamo un video con la musichetta di sottofondo, stampiamo un libretto a colori, tanto la gente non sa più distinguere. Abboccheranno vedrai…».
Vorrei confrontare le recenti proposte di dipinti antichi di Dorotheum a Vienna (25 ottobre) con quelle di Artcurial a Parigi (22 novembre) solo per dimostrare che la qualità paga, e paga sempre. Non è vero che il mercato (intendo gli operatori, i collezionisti ecc.) non sa distinguere la verità dalla finzione e a un certo punto potrebbe anche vendicarsi. Nessuno può sapere in anticipo quando avverrà, ma quando arriva il momento i primi ad accorgersene sono gli stessi che hanno scommesso sulla finzione. Tecnicamente l’asta Dorotheum è stata un discreto disastro, gli invenduti hanno superato il 50% (76 lotti su 140).
Il banditore faceva delle smorfie strane durante l’asta e col passare del tempo i suoi movimenti sembravano sempre più meccanici e ripetitivi, la depressione l’aveva avvolto in una densa nube nera, percepibile anche online. Era consapevole di essere stato spinto in un burrone. Al di là dei risultati (che nella maggior parte dei casi non significano proprio nulla, o comunque necessitano di essere interpretati), la scelta del materiale messo in vendita a Parigi da Artcurial dimostrava una certa cura, un buon occhio e un ottimo senso della qualità. Quest’ultima caratteristica emergeva su tutte le altre. Significa che chi aveva selezionato le opere per allestire l’asta l’aveva fatto con un preciso obiettivo: sfamare esigenti palati di collezionisti raffinati.
Il punto sta proprio qua: non è meglio continuare a cercare sempre e solo merce verificata? Artcurial ha preferito imboccare la seconda via, per la soddisfazione dei collezionisti più avveduti. C’era solo l’imbarazzo della scelta. Dato che l’asta è passata possiamo parlarne in libertà. Personalmente mi sarei portato a casa il delicato disegno di Ingres con il «Ritratto della regina Caroline Murat». L’avrei appeso al contrario, mostrando il retro, così, solo per gioco. Tutte le etichette raccontano la storia stratificata di un oggetto che non ha certo bisogno di garanzie. Tuttavia è sempre meglio averle piuttosto che abbandonarsi al rischio della trouvaille e magari cascare in un burrone.
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