Lewis Bush
Leggi i suoi articoliMi è stato chiesto di scrivere degli eventi politici che hanno segnato un anno intero di fotografia: sembra quasi impossibile per il 2022, le cui vicende principali non si sono sicuramente concluse e le cui conseguenze sono spesso ancora imperscrutabili. Ci sono tuttavia due punti che possono essere identificati e usati per descrivere l’anno appena concluso. Il primo è il ritorno degli eventi di massa per la prima volta dopo la pandemia di Coronavirus. Il secondo, il simbolismo di Davide e Golia che emerge intorno a molti degli eventi che hanno segnato il 2022: persone comuni, di strada, hanno usato la fotografia per documentarsi e per prendere una posizione forte contro il potere centrale e gli autoritarismi.
L’invasione russa dell’Ucraina è sia l’evento più grande che il primo nel calendario. Sin dalla fine di febbraio i nostri schermi si sono riempiti di immagini del conflitto e le battaglie si sono combattute anche con simboli e simbolismi, in questo caso, con vittorie ripetutamente ucraine. Immagini tragiche sono infatti divenute simboli e hanno aiutato a incrementare il supporto all’Ucraina. I rottami dell’Antonov An-225 Mriya, il più grande aereo mai costruito e distrutto nella battaglia dell’Aeroporto Antonov, si sono trasformati in una delle tante icone che rappresentano un Paese distrutto da una guerra non voluta né provocata; si ritrovano in molti progetti fotografici, per esempio come sfondo di uno dei ritratti della First Lady ucraina, Olena Zelenska, scattato da Annie Leibovitz.
In poco tempo molte immagini emblematiche di gesti eroici hanno dominato i media, divenendo rappresentazione di tutta la crisi. L’inasprimento del conflitto è andato di pari passo con le fotografie di soldati ucraini colti nell’atto di distruggere le ben superiori forze armate russe, tramite atti di sabotaggio spesso semplici e pieni di coraggio. Sovente sono ritratti di persone in piedi sopra i carri armati che hanno fermato e devastato, trionfo di bravura e audacia sulla forza bruta.
Dal mese di settembre, invece, l’Iran è teatro di lotte sempre più forti, conseguenza della morte in carcere della ventiduenne Mahsa Amini, arrestata dalla polizia per aver indossato il velo in modo scorretto. La repressione di queste proteste è stata violentissima, provocando ancora più malcontento, con un numero sempre più alto di persone scese nelle strade a piangere i loro morti. Molte delle immagini che ne risultano sono schemi visivi a noi familiari: veicoli bruciati o vaste folle che gridano in ribellione. Altre sono del tutto nuove. Per molte delle donne, la protesta consiste nel togliersi il velo, e qui la fotografia è fondamentale, divenendo il documento di questo fortissimo atto di sfida, spesso messo in atto davanti all’immagine onnipresente del leader Ali Khamenei, e di lì mostrato al mondo intero. In altri scatti, le donne si tagliano i capelli, gesto simbolo di lutto e dolore, ma anche di ribellione e protesta.
Se la fotografia ha certamente giocato un ruolo chiave nel far vedere queste proteste al di fuori dell’Iran, e in questo modo nel creare un forte supporto alla causa, essa stessa deve essere usata con cautela, vista la violenza del regime autoritario del Paese. Per questo motivo la maggior parte degli scatti sono presi da dietro, così che nessuno possa venire riconosciuto e punito dalle autorità sfidate.
In ultimo, a ottobre, il Brasile è stato chiamato alle urne per eleggere un nuovo presidente, elezione che è stata vista come decisiva per il futuro sia del Paese che di un’area più vasta, fors’anche del mondo intero, se si pensa all’ecosistema della Nazione. Le elezioni hanno visto confrontarsi il presidente in carica Jair Bolsonaro, uomo di estrema destra, e Luiz Inácio Lula da Silva, rappresentante di sinistra. L’atteggiamento di Lula su temi di giustizia sociale, come pure l’idea che queste elezioni fossero anche una sorta di referendum sul futuro dell’Amazzonia, hanno fatto sì che diversi gruppi di indigeni dimostrassero un chiaro sostegno nei suoi confronti. Lula stesso ha incoraggiato e sfruttato con grande abilità questo supporto, in particolare, dal punto di vista mediatico, attraverso una serie di immagini ricorrenti di gruppi di indigeni in viaggio per andare a votare, o di sue visite ai loro villaggi, o ancora di raduni in cui le popolazioni locali sono molto presenti, dimostrando il loro supporto con le dita a forma di «L». Come sappiamo, Lula ha vinto le elezioni, ma il futuro dell’Amazzonia rimane incerto.
Il 2022 nel suo insieme è certamente stato un anno denso di avvenimenti il cui impatto sulla fotografia è innegabile: il ritorno degli eventi di massa, grandi guerre, proteste, importanti cambiamenti politici, tutte situazioni che erano state messe in pausa forzata da due anni di pandemia. Molte di queste vicende non sono concluse e ci si aspetta che la loro rappresentazione fotografica si evolverà con esse lungo il 2023.
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