A sinistra, «Nefertiti Black Power» (2018) di Awol Erizku. A destra «Frammento di un rilievo con teste femminili» (1370 a.C. ca). © L’artista. Cortesia Ben Brown Fine Arts. Il rilievo: Sainsbury Centre Collection

Image

A sinistra, «Nefertiti Black Power» (2018) di Awol Erizku. A destra «Frammento di un rilievo con teste femminili» (1370 a.C. ca). © L’artista. Cortesia Ben Brown Fine Arts. Il rilievo: Sainsbury Centre Collection

Ma l’antico Egitto è una fantasia inventata dall’Occidente?

Una mostra al Sainsbury Centre di Norwich comprende anche lavori di artisti egiziani contemporanei per l’elaborazione di un’interpretazione postcoloniale del patrimonio della Terra dei Faraoni

Immaginare l’Egitto, i suoi faraoni d’oro, i tesori nascosti e i misteri irrisolti, continua ad affascinarci dopo più di duemila anni dalla caduta dell’antica civiltà egizia. Ma quanto c’è di vero in questa storia mistica e dorata e quanto invece si riduce a una costruzione moderna dei giorni nostri?

La mostra «Visions of Ancient Egypt», aperta fino al primo gennaio al Sainsbury Centre di Norwich si pone la domanda nell’anno dell’anniversario della decifrazione dei geroglifici egizi (27 settembre 1822) e della scoperta della tomba di Tutankhamon (4 novembre 1922).

«Il miraggio è una buona immagine per descrivere ciò che vogliamo esprimere con questa mostra» sostiene Theo Weiss, assistente curatore al Museo della East Anglia University. «Abbiamo messo da parte ciò che crediamo di sapere sull’Egitto, cercando di capire come si sia fatta strada quell’idea per la prima volta».

Dietro la nostra moderna e popolare impressione della cultura egiziana antica si nasconde un immaginario collettivo occidentale coloniale, dice. «Nella storia l’Egitto è stato spesso usato per ragioni deliberatamente politiche. Le potenze occidentali hanno tentato di creare una visione dell’Egitto in funzione della loro agenda politica. È vero per le guerre napoleoniche, per Augusto e i Romani, per l’Impero britannico ed è vero ancora ai giorni nostri».
IMG20220912170922828_130_130.jpeg
Decolonizzazione e restituzioni
Questa mostra può essere vista come un’interpretazione postcoloniale dell’antico Egitto. Il documento del Sainsbury Centre del 2021 sulla decolonizzazione presentava la mostra come parte dei suoi sforzi per lavorare sulle «narrazioni coloniali e la provenienza degli oggetti con un accento posto sulla trasparenza».

La nuova politica del museo sulle restituzioni che dovrebbe corroborare la sua opera di decolonizzazione è stata menzionata nel rapporto del 2020-21 ed ora sta per materializzarsi, nonostante una scadenza prevista e già passata all’estate 2022. Il Centre ha definito «imminente» la pubblicazione della nuova politica di restituzione.

Compaiono nella mostra i caratteri più familiari dell’antico Egitto. La sezione d’apertura esamina le reinterpretazioni della figura di Cleopatra nel corso della storia, a partire dal colto studioso di letteratura medievale araba fino alla scintillante sirena interpretata nel film del 1963 da Elizabeth Taylor. La mostra comprende anche il ritratto fatto nel XVIII secolo da Joshua Reynolds di una signora dell’alta società vestita à la Cleopatra nonché il dipinto «Cleopatra» (1992) di Chris Ofili, che la presenta come una regina nera.
IMG20220912170619784_130_130.jpeg
Una sezione ulteriore si concentra sull’eredità monumentale di Tutankhamon, il faraone ragazzino che regnò dal 1332 al 1323 a. C. L’esposizione comprenderà anche fotografie d’archivio della scoperta della tomba, evento-scintilla che ha fatto esplodere una «Tutmania» internazionale. Le immagini sono mostrate accanto agli oggetti per dimostrare come la scoperta della tomba abbia influenzato il design di vestiti, mobilio e gioielli negli anni Venti del ’900.

Ma «Visions of Ancient Egypt» non presenta solo i modi in cui l’immagine dell’Egitto è stata modellata dall’Occidente. Include anche lavori di artisti egiziani  moderni e contemporanei, quali Awol Erizku, Chant Avedissian, Maha Maamoun e Sara Sallam. Ciascuno di essi critica le visioni artefatte dei loro faraonici antenati. Sallam ha creato «The Fourth Pyramid Belongs to Her» (2017) trasponendo fotografie di famiglia su immagini di siti archeologici e su foto di archivio della cultura popolare egiziana.

«Guardiamo le mummie e le consumiamo visivamente senza alcuna connessione» dice Sallam. «Non viviamo più i siti archeologici egiziani come luoghi di lutto». Nella mostra che accompagna la pubblicazione, Sallam esplora la consapevolezza che persino la sua stessa prospettiva sull’Egitto sia influenzata dall’Occidente e scrive: «Il mio lavoro riflette il viaggio che ho intrapreso per disimparare l’esotismo insito nella mia antica eredità culturale, recuperando le rappresentazioni dei miei antenati».

C’era una volta nella Valle dei Re
Il centenario della scoperta della Tomba di Tutankhamon (4 novembre 1922-2022)
di Francesco Tiradritti
1. Giovanni Battista Belzoni
2. Nascondigli reali
3. La prima volta di Carter
4. Un rinvenimento leggendario
IMG20220912171002583_130_130.jpeg

Prima lastra dalla serie «The Fourth Pyramid Belongs To Her» (2017) di Sara Sallam. Cortesia dell’artista e della Galleria Tintera

Un canopo di Josiah Wedgwood & Sons (1790). Cortesia del V&A

A sinistra, «Kitty Fisher nelle vesti di Cleopatra che scioglie la perla» (1759) di Joshua Reynolds. A destra «Cleopatra» (1992) di Chris Ofili. Cortesia di Historic England Archive e di Royal College of Art

Aimee Dawson, 12 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

Ma l’antico Egitto è una fantasia inventata dall’Occidente? | Aimee Dawson

Ma l’antico Egitto è una fantasia inventata dall’Occidente? | Aimee Dawson