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Illustrazione di Katherine Hardy

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Lvmh e Gagosian: perché le voci di un’acquisizione hanno senso, anche se non sono vere

Una base di clienti comune, l’esclusività dei prodotti e la portata internazionale: ecco alcuni dei motivi per cui questi due marchi sono una perfetta accoppiata

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Georgina Adam

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Durante la recente ondata di fiere europee, prima Frieze a Londra e poi la nuova fiera Paris+ di Art Basel, una voce circolava ovunque. Lvmh (Louis Vuitton Moët Hennessy), il colosso che, con la rivale Kering, domina l’industria del lusso, stava acquistando la galleria Gagosian. Oppure stava offrendo alla mega-galleria una linea di credito del valore di 1 miliardo di dollari. Le voci erano in parte corrette, in quanto Larry Gagosian sta cercando una strategia di uscita (ora ha 77 anni, senza un evidente successore), ma non con Lvmh.

Non importa che Lvmh e Gagosian abbiano negato con veemenza tutto. La storia rimane e viene amplificata, va detto, da giornalisti come me e altri che ne scrivono. Eppure un’acquisizione del genere sarebbe assolutamente sensata sotto molti punti di vista. Il più ovvio è che Lvmh e Gagosian hanno la stessa clientela: collezionisti facoltosi di tutto, dalla moda di alta gamma ai beni di lusso, allo champagne, agli orologi e ai gioielli, fino all’arte.

Inoltre, entrambe operano nel settore dei grandi marchi. Il folto gruppo di Lvmh comprende Dior, Givenchy, Guerlain, Moët & Chandon e molti altri. Gagosian è uno dei mercanti d’arte con il maggior numero di marchi del settore il cui nome evoca un acquisto prestigioso. Il suo catalogo comprende alcuni dei nomi più interessanti dell’arte contemporanea, da Jadé Fadojutimi a Christopher Wool e con un fiorente mercato secondario, da Bacon a Picasso, artisti che sono diventati a loro volta «marchi» dell’arte di primo piano.

L’atto di comprare, o meglio di essere autorizzati a comprare, da Gagosian è un riconoscimento in sé: una prova di accesso esclusivo, potere e ricchezza. Gli oggetti di lusso sono spesso venduti in modo simile all’arte. Le «regole» per la vendita di questi beni di alta gamma includono «rendere difficile l’acquisto da parte dei clienti» (si pensi alle liste d’attesa per gli artisti più richiesti) e «tenere fuori i non appassionati» (si pensi alle opere d’arte «ben piazzate»). Queste regole provengono da un libro che ho consultato sul marketing che si riferisce non all’arte, ma ai beni di lusso: The Luxury Strategy, di J.M Kapferer e V Bastien.

Anche Gagosian, come Lvmh, fa quello che in gergo commerciale si chiama «brand stretching». È possibile acquistare un abito Dior di alta moda per 100mila dollari, o un rossetto Dior per circa 30 dollari. Nel negozio Gagosian un poster di Anna Weyant costa 20 dollari e così una maglietta di Jenny Saville. La Weyant, notoriamente, è una nuova artista di successo, ventisettenne, un «articolo» di Larry Gagosian ed è il nome più giovane della galleria; un suo dipinto è stato recentemente venduto per 1,6 milioni di dollari.

A ciò si aggiunge la portata internazionale di entrambi, Gagosian ha 19 spazi in tutto il mondo, e la crescente convergenza tra arte e beni di lusso. Oggi gli artisti progettano di tutto, dagli skateboard agli yacht: Jeff Koons ha prodotto borse per Louis Vuitton basate su dipinti di Turner, Leonardo da Vinci e Fragonard. L’ingresso di Gagosian nella cerchia di Lvmh potrebbe certamente facilitare altre collaborazioni di questo tipo.

Infine, un’unione sarebbe un modo eccellente per Lvmh di far passare i suoi clienti dai rossetti a Lichtenstein, per così dire. All’ingresso di Paris+ par Art Basel, c’era lo stand di Vuitton dominato da una sgargiante scultura di panda di Takashi Murakami su un baule Louis Vuitton... e da una parete di borse.

Quindi, anche se la voce non è vera, forse dovrebbe esserlo: stiamo a vedere.

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Georgina Adam, 14 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

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