Cristina Beltrami
Leggi i suoi articoliSi è svolta dal 28 aprile al primo maggio Art Brussels, con più di 150 gallerie internazionali negli storici spazi proto-industriali del Tour & Taxis.
Molte le gallerie italiane presenti, da Lia Rumma, con due sofisticatissimi lavori di William Kentridge e un «Muro» del 2016 di Ettore Spalletti, a Matteo Lampertico, A+B di Brescia ed Edo Secci di Firenze, con una piccola monografica di Bea Bonafini, artista nata nel 1990. La galleria Monitor di Roma metteva invece a confronto la pittura di tre artisti della generazione appena precedente: Beneddikt Hipp, Nicola Samori e Oscar Giaconia.
Buona anche la presenza degli artisti italiani, soprattutto i nomi storici, come Claudio Parmeggiani con due «sagome di fuliggine» da Meessen de Clercq o il celebre «Autoritratto» (1962-73) di Michelangelo Pistoletto da Xavier Hufkens, galleria di casa a Bruxelles, che a breve aprirà un nuovo immenso spazio in rue Saint-George, nel cuore del quartiere delle gallerie, e che schierava una monumentale «Standing figure» del 2014 di Thomas Houseago accanto a un’opera anomala, ammiccante alla Op-art, di Daniel Buren («Prismes et miroirs. Haut-relief», 2018). Ma è soprattutto la Galleria Repetto (Londra) a puntare sugli italiani: dalle ceramiche di Lucio Fontana a «Contrappunto piano» (1973) di Fausto Melotti, da Carla Accardi e Mirella Bentivoglio a una recente scultura di Arcangelo Sassolino.
Da poco scomparso, Hermann Nitsch trova la sua consacrazione anche alla fiera di Bruxelles nello spazio della galleria Maruani Mercier mentre, poco distante, la Gladstone Gallery dà una bella lezione di sofisticato astrattismo con Richard Aldrich (Three Body Problem, 2020) accanto agli universi onirici di Rachel Rose.
Risulta vincente la scelta, più coraggiosa, di coloro che puntano su un solo artista e spesso con allestimenti costruiti ad hoc come per Shirley Villavicencio Pinzago alla galleria Gaukens & De Vil.
Due i nomi ricorrenti in questa fiera: Gunter Förg e Claude Viallat. Del tedesco mostrano tele, già segnate da un bollino rosso a due ore dall’apertura, sia la galleria Filomena Soares, di base a Lisbona, sia alla Galleria Lelong & C, che offre anche piccole e curate mostre monografiche come quella dedicata a Kiki Smith con opere storiche come «Sainte Geneviève» del 1999. Le tele di Viallat, invece, si dispiegano in tutta la loro forza cromatica da Templon e alla galleria Ceysson & Bénétière (Parigi).
Con il consueto occhio di riguardo per gli artisti del Nord, Art Brussels propone nomi meno noti ad altre latitudini, come Rinus van De Velde, presente con le sue grandi conifere alla galleria Tim Van Laere, e Albert Peremans, astrattista belga promosso dalla Schönfeld Gallery. Della stessa generazione, ma completamente differente per l’approccio tecnico-stilistico, il pittorica del portoghese José Loureiro rilanciato dalla galleria Maubert di Parigi.
L’eco della 59ma Biennale di Venezia è immediata anche a Bruxellles, dove in fiera Sam Steverlynck cura «L’Oeuvre et son double», una mostra che ripropone l’esperimento di Daniel Buren del 1986 quando invitò 50 artisti a esporre nella casa di Anton Herbert a Ghent e al contempo ricostruendo lo spazio privato nel museo della città, creandone un suo doppio. Sulla stessa idea di duplicità si basa ora l’esposizione di Steverlynck che presenta dodici artisti (Ignasi AballÍ, Francis Alÿs, Mirella Bentivoglio, Mariana Castillo Deball, Latifa Echakhch, Jane Gravrol, Lynn Hershman Leeson, Louise Lawler, Rosana Paulino, Solange Pessoa, Carol Rama e Sandra Vasquez de la Horra) presenti anche a Venezia nella mostra «Il latte dei sogni» di Cecilia Alemani e nei Padiglioni nazionali.
La 38ma Art Bruxelles è una fiera dalle dimensioni contenute, che si è aperta al futuro con grande ottimismo (senza l’obbligo di mascherine), tenendo insieme tutte le generazioni nella speranza della pace.
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