Alessandro Morandotti
Leggi i suoi articoliRimarrà sempre nitido per me il ricordo di Nello Forti Grazzini (1954-2021), scomparso il 29 ottobre, figura davvero singolare nel panorama della storia dell’arte italiana. Formatosi negli anni Settanta alla Statale di Milano, in un momento in cui la storia sociale e l’iconologia erano «medicine» somministrate nelle aule universitarie, non ha mai tralasciato il corpo a corpo con le opere maturando nel tempo una sensibilità senza pari per lo studio degli arazzi.
La sua formazione di storico dell’arte attento alle iconografie si irrobustiva così delle conoscenze tecniche sui manufatti tessili e di ogni altro strumento del conoscitore; a partire dagli anni Ottanta non c’è stato catalogo di mostra o di museo, in Italia e all’estero, dove fossero compresi «panni figurati» senza un intervento di Nello.
La scheda di catalogo, concepita spesso come un vero e proprio saggio, era il terreno su cui si misurava più volentieri, intervenendo con sapienza su vicende di provenienza e di committenza, sui soggetti rappresentati, sugli artisti che avevano fornito i cartoni, sugli arazzieri così come sulle repliche, o sulle varianti, conosciute del manufatto sotto la lente.
I suoi volumi, scritti senza altri collaboratori, dedicati agli arazzi del Museo d’Arti Applicate di Milano (1984), delle collezioni del Quirinale (1994) o della Fondazione Cini di Venezia (2003) sono in questo senso strumenti davvero pionieristici e intramontabili, e Nello Forti traduceva nello specifico campo di suo interesse il talento catalografico che nel campo della pittura avevano esercitato Federico Zeri o Miklós Boskovits e, pensando ad altri ambiti delle arti congeneri, Alvar González-Palacios.
Dietro la sua apparente flemma, un tratto quasi aristocratico di questo erede di una famiglia di intellettuali che comprendeva tra gli altri anche i fratelli Nello e Carlo Rosselli, si nascondeva un lavoratore formidabile; amato professore di storia dell’arte al Liceo Parini di Milano dal 1985, si era misurato costantemente anche con la divulgazione, collaborando a molti manuali per i licei e scrivendo recensioni di libri e di mostre sulle pagine nazionali de «L’Unità» (1981-1990) e più raramente del «Giornale dell’Arte» e dell’inserto domenicale de «Il Sole 24 Ore».
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