Alessia Zorloni
Leggi i suoi articoliLe nuove tecnologie stanno mutando la definizione stessa di arte e persino che cosa significhi essere un artista. Oltre a trasformare i concetti di chi possa produrre l’arte e fornire nuove metodologie per praticarla, l’intelligenza artificiale offre un nuovo mezzo per approcciarsi all’esperienza estetica, rendendola più comprensibile ma anche più partecipativa. L’esistenza di algoritmi sempre più raffinati ha generato impatti anche nel campo dell’autenticazione delle opere d’arte. Strumenti e metodologie innovative permettono infatti il riconoscimento automatico di dipinti e vengono sempre più utilizzati per smascherare i falsi o ricostruire dipinti rovinati o perduti.
Attenzione istituzionale
L’intelligenza artificiale, con gli attuali sistemi di «machine learning» e «deep learning», sta riscuotendo sempre maggiore interesse da parte degli artisti impegnati a indagare le relazioni tra arte, scienza e tecnologia. Questa tendenza si manifesta con particolare evidenza nei musei che negli ultimi anni stanno proponendo progetti incentrati su questi temi: il Barbican Center di Londra ha presentato la mostra «Ai: More than Human», il MAK di Vienna «Uncanny Values: Artificial Intelligence» e l’HEK di Basilea «Entangled Realities, Living with Artificial Intelligence», una collettiva sull’intelligenza artificiale e i suoi effetti sulla vita umana e sulla società.
Risultati prodotti dall’intelligenza artificiale
Piattaforme di «machine learning» adeguatamente istruite sono già state in grado di creare delle opere d’arte. Tra le tante, «Ritratto di Edmond de Belamy», prodotta da un algoritmo del collettivo francese Obvious e venduta all’asta da Christie’s nel 2018 per 432.500 dollari. Il quadro, creato utilizzando il famoso algoritmo Gan (Generative Adversarial Network), fa parte di un gruppo di 11 ritratti di un’immaginaria famiglia, ideati dal collettivo francese che ha archiviato in un algoritmo 15mila dipinti realizzati tra il XIV e il XX secolo. Esempi simili possono ravvisarsi nella musica, come dimostra l’esperimento dell’organizzazione canadese Over The Bridge, che tramite l’intelligenza artificiale ha «resuscitato» artisti come Amy Winehouse, Kurt Cobain, Jimi Hendrix e Jim Morrison con l’album «Lost Tapes of the 27 Club». Non è la prima volta che vengono fatti esperimenti del genere, ma il progetto «Lost Tapes of the 27 Club» colpisce per la strettissima affinità nello stile, nei suoni e anche nei testi, tra i brani realizzati con il software e le canzoni più note delle quattro rockstar.
Intelligenza artificiale e Diritto d’autore
Da un punto di vista giuridico la questione più rilevante per le opere create da intelligenze artificiali attiene alla titolarità dei diritti sull’opera. Nell’escludere che tale titolarità possa essere attribuita alla macchina, resta da stabilire se i diritti spettino a colui che ha realizzato la macchina stessa o a colui che ha provveduto al caricamento dei dati in quest’ultima. Innanzitutto è bene fare una distinzione tra le creazioni umane ottenute con l’assistenza dell’intelligenza artificiale e quelle generate autonomamente dall’intelligenza artificiale: mentre nel primo caso è chiaramente individuabile una (o più) persona fisica autrice dell’opera, nel secondo la questione diventa più complessa. Su questi temi la ristretta comunità degli avvocati specializzati nel diritto dell’arte ha iniziato a confrontarsi.
L’autore come persona fisica
In Italia e nell’UE, dove non esiste ancora una disciplina legislativa specifica, le norme esistenti sembrerebbero accordare protezione autoriale solo a opere create dall’ingegno umano e non artificiale. La legge sul Diritto d’autore riconosce tutela alle opere dell’ingegno se e in quanto realizzate da un autore, una o più persone fisiche. Alla luce di tali principi giurisprudenziali ci si interroga, quindi, se tali opere dell’ingegno possano essere ritenute originali, qualora siano create autonomamente dall’intelligenza artificiale. Una soluzione potrebbe essere quella di attribuire il diritto di proprietà intellettuale al creatore dell’intelligenza artificiale; tuttavia, parte della dottrina statunitense propone di applicare analogicamente a tale fattispecie la dottrina del «work for hire», considerando quale autore e titolare dei diritti il datore di lavoro o il committente.
La creazione di nuove opere dell’ingegno attraverso l’intelligenza artificiale potrà comportare in futuro non solo la nascita di nuovi diritti, ma anche di possibili violazioni dei diritti d’autore. Si pensi al caso di opere realizzate dai robot che siano uguali o simili ad altre tutelate dal Diritto d’autore. In tal caso ci si chiede chi possa essere ritenuto responsabile di tali violazioni. Appare chiaro che la rapidità dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale necessita di una disciplina che colmi al più presto questo vuoto legislativo. Del resto, bisogna tenere presente che l’approccio verso l’intelligenza artificiale dovrebbe essere basato sul principio chiave secondo cui il centro e l’obiettivo della protezione è e rimane l’essere umano. Il fatto che le macchine possano produrre arte quasi autonomamente non significa che sostituiranno gli artisti. Significa semplicemente che gli artisti avranno a disposizione un ulteriore strumento creativo con il quale potranno collaborare.
L'articolo è stato originariamente pubblicato nell'allegato «RA Tax & Legal 2021-2022»
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