Mario Alberto Ratis
Leggi i suoi articoliIdeato da The Photographers’ Gallery (Tpg) di Londra nel 1996 e giunto quest’anno alla 28esima edizione (le ultime venti in partnership con la Deutsche Börse) il Deutsche Börse Photography Foundation Prize attribuisce 30mila sterline all’artista che nell’ultimo anno ha offerto il contributo più significativo alla pratica fotografica. Dopo nomi del peso di Samuel Fosso, Deana Lawson, Susan Meiselas e Juergen Teller, quest’anno la giuria di esperti di uno dei più prestigiosi riconoscimenti nel campo della fotografia contemporanea a livello internazionale, si è espressa a favore dell’artista sudafricana Lebohang Kganye (Johannesburg, 1990) per la mostra «Haufi nyana? I've come to take you home», presentata al Foam di Amsterdam nel 2023.
Già vincitrice di diversi premi importanti, come il Foam Paul Huf Award (2022), il Grand Prix Images Vevey (2021/2022), il Camera Austria Award (2019), e proprio in queste settimane presente a Torino con una mostra personale nell’ambito del nuovo festival «Exposed», Lebohang Kganye concentra la propria ricerca sui temi della memoria familiare, dell’ascendenza e dell’apartheid facendo uso di una complessa pratica artistica che unisce montaggi fotografici, installazioni, animazioni video e patchwork.
«Il suo uso innovativo della fotografia unisce passato e presente per esplorare la politica attraverso le storie profondamente personali della sua famiglia e della sua vita, ha commentato la direttrice ad interim della Tpg, Clare Grafik. A volte teatrale, sempre sperimentale, il suo uso della fotografia e dei suoi archivi privati è potente e rigenerante».
Traendo ispirazione da storie orali condivise e da racconti fantastici, così come da immagini d’archivio, Kganye ricostruisce un mondo in cui si intrecciano microstorie personali e grandi vicende collettive. È il caso della mostra «Haufi nyana?» («Troppo vicino?» nella lingua sudafricana sesotho) che fin dal titolo pare interrogarci sul limite entro cui ci si può addentrare nella biografia dell’artista e che rimanda, più direttamente, alla distanza da casa. Le sagome ad altezza naturale realizzate a partire dai ritagli di album fotografici personali ritraggono infatti i familiari di Kganye costretti dalla politica di segregazione razziale allora in atto ad abbandonare la loro terra e le loro case.
Questa grande installazione della fotografa sudafricana, ancora per pochi giorni alla Photographers’ Gallery, verrà esposta fino al 22 settembre negli spazi della Deutsche Börse Foundationa Francoforte per una mostra che riunisce anche i lavori degli altri quattro finalisti del premio: Valie Export, Gauri Gill & Rajesh Vangad e Hrair Sarkissian .
«C'è una potente riflessione che attraversa il lavoro di tutti gli artisti nominati quest’anno, rimarca la direttrice della Fondazione, Anne-Marie Beckmann. Una riflessione vitale sullo spostamento, sulle storie nascoste e sulle voci inascoltate. Tutti gli artisti si interrogano sulla natura e sui parametri mutevoli della fotografia di oggi».
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