Giovanna Forlanelli
Fondazione Luigi Rovati
Sede: Milano
Anno di fondazione: 2016
Presidente e fondatrice: Giovanna Forlanelli (Monza, 1960), direttore generale Rottapharm Biotech Srl, fondatrice Johan & Levi Editore
Collezione: sì
Apertura al pubblico: Apertura al pubblico: sì, da mercoledì a domenica, 10-20. Info: www.fondazioneluigirovati.org
Principali progetti: mostre «Il lampadario di Cortona. Dal collezionismo delle origini alle raccolte contemporanee» (2022-23); «La Stele di Kaminia. Gli Etruschi e l’isola di Lemno» (2022-23); «Stele di Vicchio» (2023); «Spina etrusca e la città di Milano» (2023); «Diego, l’altro Giacometti» (2023); «Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda» (2023-24).
1. Partiamo dalla nostra esperienza all’interno dell’azienda farmaceutica in cui, come progetto di responsabilità sociale, abbiamo sempre sostenuto l’arte, non solo contemporanea, sul nostro territorio. Questo a un certo punto ci ha portato a un bivio: aprire una Fondazione aziendale o una Fondazione privata, e abbiamo pensato di aprire una Fondazione privata intitolata a Luigi Rovati, la persona che ha dato inizio all’azienda di famiglia, con l’obiettivo principale legato al valore di utilità sociale. Una Fondazione che noi abbiamo costruito come un’infrastruttura culturale in cui ci sia un museo, ma attorno al museo anche un luogo dove parlare e realizzare moltissime attività, conversazioni, incontri; dove però si può anche sostare all’interno del giardino e visitare il padiglione d’arte contemporanea, il piccolo padiglione dove le mostre sono sempre gratuite, e fermarsi infine al bistrot o al ristorante all’interno della struttura, e curiosare fra le nuove uscite di libri nel nostro bookshop. Lo scopo fondamentale, che è lo scopo dei musei, è logicamente quello di educare il pubblico, ma anche far sì che lo stimolo alla visita museale porti a interrogarci su quello che è stato il nostro passato e su quale sarà il nostro futuro. Per questo il progetto prevede proprio l’esposizione di materiale archeologico accanto all’arte contemporanea.
2. Abbiamo aperto la nostra sede nel settembre del 2022 e per il futuro puntiamo a realizzare mostre importanti in collaborazione con strutture pubbliche ma non solo: vogliamo anche cercare di evidenziare e di mettere in luce piccole realtà. L’abbiamo fatto con Cortona, non certo una realtà piccola, ma sicuramente una città meno conosciuta rispetto a una metropoli come Milano. Ma desideriamo anche valorizzare, come abbiamo fatto con la «Stele di Vicchio», un oggetto archeologico che amplia l’offerta museale di una piccola comunità di 5mila anime, Dicomano (Fi), dove ha sede un piccolo museo archeologico, molto ben fatto, all’interno del proprio municipio. Stiamo sempre più stringendo alleanze e convenzioni con università, centri di studi, istituti culturali; ci interessa soprattutto lavorare per promuovere nel mondo la cultura italiana a partire proprio dall’archeologia etrusca.
3. La Fondazione è nata e si sostiene, a oggi, fondamentalmente con contributi privati, soprattutto da parte della famiglia. Questo primo periodo di attività ci ha portato anche introiti da biglietteria o da altri eventi organizzati all’interno della Fondazione; sicuramente perseguiamo anche la ricerca di alleanze, grazie alle quali aziende esterne che sostengono e che condividono il valore di utilità sociale della nostra Fondazione contribuiscono alla realizzazione dei nostri progetti. Non abbiamo invece alcun tipo di contributo pubblico.
4. Innanzitutto è importante che una Fondazione culturale come la nostra possa essere equiparata, sia fiscalmente che per la richiesta di eventuali contributi pubblici, alle altre organizzazioni private che operano nel Terzo settore: socio-sanitarie, educative o fondazioni che si occupano di anziani, di bambini con disabilità o di immigrati. In luglio la Fondazione è stata riconosciuta come «museo» dalla Regione Lombardia, un riconoscimento equiparato a quello nazionale. Siamo un’istituzione culturale, non facciamo mercato, e riteniamo che il Ministero debba guardare alle istituzioni private esattamente come guarda ai musei pubblici. Il fine ultimo, sia per il pubblico che per il privato, è la valorizzazione e la conservazione del nostro patrimonio a beneficio di tutti. Dovremmo allora fruire delle stesse forme di agevolazione (pensiamo all’ArtBonus) delle istituzioni pubbliche, così come partecipare a partenariati per ottenere contributi da parte dell’Unione Europea o promuovere, insieme, le nostre collezioni all’estero.
5. Chi colleziona si pone sempre il problema di che cosa succederà «poi». La Fondazione Rovati ha acquistato le collezioni per il progetto museale, e questo significa che la Fondazione è un soggetto che dovrà vivere oltre noi: non è legata alla mia persona, io sono solo colei che la sta avviando e portando avanti. A un certo punto ci sarà un organo societario che ne prenderà le redini e magari cambierà qualcosa di quello che io ho immaginato o che progettiamo in questo momento. Questa è l’idea di una Fondazione che porta il nome di una persona ma che viene donata alla collettività, e pertanto dovrà rimanere nel «sempre».
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Sede: Torino, Guarene, Venezia
Anno di fondazione: 1995
Presidente e fondatrice: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 1959)
Collezione propria: sì, non esposta permanentemente
Apertura al pubblico: sì (Torino e Guarene). Info: fsrr.org
Principali progetti: tra tutte le attività, sottolineo la programmazione del 2004 dedicata alle donne, la programmazione del 2008 dedicata all’ambiente, il progetto «Young Curators Residency Programme» giunto alla 16ma edizione, il corso di pratiche curatoriali «Campo», le mostre «Aletheia» di Berlinde de Bruyckere e «Rinascimento» di Adrian Villar Rojas.
1. Ho iniziato la mia collezione d’arte contemporanea nel 1992 e quasi subito ho cominciato a immaginare uno spazio nel quale potesse assumere una fisionomia più dinamica e impegnata. Nel 1995 il progetto si è concretizzato con la nascita della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, un’istituzione non profit con più sedi aperte al pubblico: produce opere, mostre e offre in continuità una ricca programmazione culturale, educativa e formativa. Da quasi trent’anni, opera seguendo tre missioni statutarie: sostenere le giovani generazioni artistiche e curatoriali; creare un nuovo pubblico, di tutte le età, accompagnandolo nella scoperta delle ricerche più recenti; costruire reti fondate sulla collaborazione pubblico-privato, favorendo partnership tra enti, istituzioni e fon dazioni, a livello locale, nazionale e internazionale. Ho basato il mio progetto sullo studio, sull’informazione e l’aggiornamento costante e sull’esperienza del viaggio. Fin da quei primi anni, ho incontrato e incontro gli artisti e le artiste. I viaggi all’estero hanno evidenziato, per contrasto, il ritardo del sistema italiano e ho da subito sentito la necessità di colmare le lacune. Oggi la Fondazione ha diverse sedi: la prima è stata inaugurata nel 1997, nelle sale settecentesche di Palazzo Re Rebaudengo a Guarene (Cn) in Roero; la seconda, a Torino, aperta nel 2002, è un’architettura progettata ex novo da Claudio Silvestrin. Nel 2019 è nato il Parco d’arte Sandretto Re Rebaudengo sulla Collina di San Licerio (sempre a Guarene), un museo open air con installazioni site-specific e sculture di grandi dimensioni, sempre aperto e gratuito. In tutti questi luoghi accogliamo i visitatori e le visitatrici con la mediazione culturale dell’arte e ogni anno coinvolgiamo oltre 40mila tra bambini, studenti, giovani, insegnanti. E lavoriamo quotidianamente con persone vulnerabili.
2. Un’isola, un libro e le mostre che verranno. Nell’aprile 2022, con una performance dell’artista brasiliano Jota Mombaça, abbiamo tenuto a battesimo l’attività della terza sede della Fondazione sull’Isola di San Giacomo, in mezzo alla Laguna di Venezia. Dopo il recupero delle aree verdi, stiamo curando il restauro e la ridestinazione delle «polveriere», architetture in rovina. Sarà un luogo per produrre progetti artistici, per ospitare ricerche e discorsi sull’arte, la musica, il cinema, il teatro. Vorrei che diventasse anche un laboratorio di riflessione ecologica. In vista dei trent’anni che la Fondazione compirà nell’aprile 2025 abbiamo messo in cantiere un grande libro che rintraccerà la storia e l’attività di questi tre decenni. E ovviamente stiamo lavorando alle molte mostre che verranno.
3. Il 60 per cento delle entrate è apportato dai fondatori. Il rimanente 40 per cento proviene da contributi di enti privati e pubblici (prevalentemente attraverso bandi regionali, nazionali ed europei), dall’introito dello sbigliettamento, dall’affitto dell’auditorium e da eventi esterni.
4. Sarebbe auspicabile che anche in Italia, come avviene in altri Paesi, venissero adottate alcune agevolazioni per le fondazioni. Sarebbe importante che vi fosse la deducibilità dalle imposte per i contributi e le donazioni erogate dalle imprese e dalle persone fisiche, a favore delle fondazioni e degli enti culturali senza scopo di lucro. In particolare, tali meccanismi andrebbero semplificati, al fine di evitare quei formalismi che spesso scoraggiano i privati a procedere con l’erogazione liberale in favore dei soggetti non profit. Sarebbe inoltre auspicabile la riduzione della contribuzione per i contratti di lavoro subordinato nel mondo della cultura. Rimanendo in un perimetro del tutto italiano, spero che presto l’ArtBonus venga esteso anche alle fondazioni che operano nell’arte contemporanea: un riconoscimento da parte dello Stato che ci auguriamo di ottenere presto.
5. Il mio lavoro quotidiano ha una stretta familiarità con il futuro: il futuro dell’arte attraverso le opere, gli artisti e i pubblici di oggi e, naturalmente, la continuità dell’istituzione che guido. Ha una storia e una struttura solida, che poggia sulle funzioni di organi come il Cda e l’Advisory Board, sull’organizzazione interna dei suoi dipartimenti e sulla competenza delle sue professionalità. Sono tutti elementi su cui ho puntato per assicurare una prospettiva di lunga durata al progetto culturale che ho intrapreso trent’anni fa. La Fondazione porta il nome della mia famiglia, una scelta che corrisponde a una presa di responsabilità in prima persona. I miei due giovani figli sono cresciuti con l’arte e sono certa che sapranno prendersi cura del futuro dell’istituzione. E poi, confido nelle mie nipotine: ora sono molto piccole ma, sognando, è su di loro che proietto la legacy femminile del mio progetto.
Leggi anche:
Le donne delle Fondazioni: perché siamo differenti, che cosa vogliamo dare (e ricevere). 1
Le donne delle Fondazioni: perché siamo differenti, che cosa vogliamo dare (e ricevere). 2
Le donne delle Fondazioni: perché siamo differenti, che cosa vogliamo dare (e ricevere). 3
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