Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliÈ dal primo momento in cui si è insediato che il direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger ha in mente il chiostro di Michelangelo al Museo delle Terme di Diocleziano, il suo restauro e la sua rivitalizzazione. A partire dalle magnifiche sette teste di animali che, a due a due, sorvegliano gli accessi alla fontana posta al centro del giardino. Tutte di marmo proconnesio, varietà di marmo bianco tra le più diffuse nella statuaria romana antica, rinvenute tra il 1586 e il 1593 in un punto imprecisato dell’area della Colonna traiana, in realtà solo quattro di esse sono antiche, di età adrianea (un dromedario, un cavallo, due tori), mentre le altre tre (un ariete, un elefante e un rinoceronte, quest’ultimo che riprende la celebre incisione di Dürer del 1515, l’unica immagine allora in circolazione di rinoceronte asiatico) sono rinascimentali.
Il cardinale Carlo Bonelli, che le scoprì, le volle nell’atrio del suo palazzo, l’attuale Palazzo Valentini, che sorge proprio a ridosso del Foro di Traiano, e commissionò le altre tre. In seguito le teste giganti finirono nel Museo Kircheriano al Collegio Romano, che in gran parte confluì nel Museo Nazionale Romano istituito nel 1889 alle Terme di Diocleziano. Di fatto sono una delle prime opere ad arrivare al museo, e il loro stato di degrado reclamava un loro urgente controllo e soprattutto pulitura.
Al restauro, eseguito con una tecnica innovativa basata su prodotti biologici ed ecosostenibili (per la pulitura sono stati utilizzati biocidi naturali e oli essenziali) e che ha fatto ritrovare lo splendore originario alle teste, si è affiancato il progetto di dotare anche l’ottavo pilastro esistente di una testa, aggiungendo a questo zoo di marmo una tappa contemporanea a quelle antica e moderna già in essere.
E sarà Elisabetta Benassi a creare l’opera, scelta tra cinque importanti artisti italiani - Giorgio Andreotta Calò, Monica Bonvicini, Paola Pivi e Francesco Vezzoli gli altri in gara - chiamati a proporre progetti e quindi vagliati da un comitato scientifico composto da Maite Bulgari, fondatrice e membro del cda di Mecenati Roman Heritage che ha finanziato sia il restauro che la nuova opera, Damiana Leoni e Ludovico Pratesi, esperti di arte contemporanea, Massimo Osanna, direttore generale dei Musei presso il Ministero della Cultura, e lo stesso Stéphane Verger.
Queste le motivazioni della scelta: «L’opera proposta da Elisabetta Benassi spicca per l’originalità del progetto, relativa alla relazione tra la testa di animale e il suo supporto, inserite in un contesto contemporaneo all’interno della tradizione dell’arte concettuale avviata dalle avanguardie storiche del Ventesimo Secolo. Un’opera che induce a riflessioni sulla capacità dell’artista di affrontare il soggetto attraverso un utilizzo consapevole della forza innovativa dei linguaggi del contemporaneo in rapporto all’arte classica, offrendo una soluzione originale, di alto valore semantico e simbolico.
Infine la scelta di una testa che fa riferimento al tempo trascorso si inserisce in maniera perfetta con l’insieme delle opere presenti nel Chiostro. La giuria esprime il proprio apprezzamento per il valore progettuale delle opere proposte, segno di un grande impegno da parte di tutti gli artisti che ringraziamo per la partecipazione». L’opera sarà pronta e collocata sul suo pilastro a maggio 2024.
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