Lavinia Fontana (1552-1614) è universalmente considerata nella storia dell’arte occidentale la prima donna ad essere artista professionista. Sebbene altre prima di lei fossero note pittrici nell’ambito di un convento o di una corte, Lavinia Fontana gestì una propria fiorente bottega nella natia Bologna e poi a Roma. La National Gallery of Ireland di Dublino, che ospita il dipinto più grande e ambizioso di Fontana, «La visita della regina di Saba al re Salomone» (1599), dal 6 maggio al 27 agosto le dedica la grande mostra monografica «Lavinia Fontana: pioniera e trasgressiva».
Attraverso circa 50 dipinti e opere su carta la mostra esplorerà i «molti primati» della sua carriera, afferma la curatrice Aoife Brady, e si concentrerà sulla sua specializzazione, il ritratto, per la quale divenne l’artista di riferimento delle nobildonne bolognesi. Ma si parlerà anche del suo lavoro senza precedenti su pale d’altare pubbliche di grandi dimensioni e della sua rappresentazione di nudi femminili in un’epoca in cui alle donne non era permesso studiare l’anatomia umana.
La formazione di Fontana come pittrice sembra essere stata una questione di necessità economica. Il padre Prospero, anch’egli stimato ritrattista, era malato e vedeva la figlia minore come «una prospettiva per mandare avanti la famiglia», aggiunge Brady. Il matrimonio combinato di Lavinia Fontana con Gian Paolo Zappi fu adeguatamente anticonvenzionale e le permise di perseguire una carriera artistica. Il contratto di matrimonio del 1577, che sarà esposto nella prima sala della mostra, prevedeva che la ragazza non avesse alcuna dote e che entrambi si guadagnassero da vivere nella casa paterna.
Sebbene i biografi dell’epoca siano poco chiari sui dettagli, Fontana lavorò in modo prolifico e strategico nei decenni successivi, mettendo al contempo al mondo 11 figli. «Sapeva come promuoversi, dice Brady. Sebbene il padre e il marito le avessero fornito le circostanze in cui operare, sembra che fosse lei la protagonista di molte delle negoziazioni e dei rapporti che si instaurano quando si è un artista di successo del Rinascimento».
La sua ascesa coincise con un periodo in cui le donne bolognesi ebbero maggiori opportunità di partecipare alla vita pubblica, anche come mecenati di organizzazioni benefiche e artistiche. Queste «lobby» divennero la clientela principale di Lavinia Fontana. I suoi ritratti manieristi finemente dettagliati, con la loro sontuosa resa di abiti e gioielli, erano considerati «un must per le case di queste donne», continua Brady. Tra gli esempi in mostra c’è il monumentale ritratto di gruppo della famiglia Gozzadini del 1584, il primo incarico documentato da una committente donna a un’artista donna.
Lo stile di Fontana può apparire «molto accademico» agli occhi dei contemporanei rispetto al grintoso naturalismo inaugurato dal suo quasi contemporaneo Caravaggio, osserva Brady. La mostra di Dublino esporrà le sue opere accanto a rari tessuti rinascimentali e accessori di moda nel tentativo di «abbattere questi muri», dice Brady, e di immergere i visitatori «nella Bologna del tardo XVI secolo».
È solo negli ultimi decenni che la tecnica di Lavinia Fontana, e quella di altre artiste trascurate nel corso della storia, ha iniziato a essere studiata in maniera approfondita, dando luogo a nuove scoperte del suo lavoro. «È straordinario quanto sia emerso dal nulla», afferma Brady. Il numero di quadri attribuiti con sicurezza è ora di circa 130, anche se, aggiunge, «potrei essere in grado di fornire una cifra diversa dopo la fine della mostra».
Brady ha partecipato alla recente attribuzione di tre opere provenienti da collezioni statunitensi. Il Getty ha prestato il dipinto a olio su rame «Le nozze di Cana», di recente acquisizione, e il disegno preparatorio a inchiostro, datato agli inizi della carriera di Fontana, alla fine degli anni Settanta del Quattrocento. La National Gallery of Art di Washington invierà il «Ritratto di Lucia Bonasoni Garzoni» (1590 ca), recentemente acquisito dopo essere stato venduto all’asta in Spagna nel 2021.
Un’altra «emozionante rivelazione» sarà «Giuditta con la Testa di Oloferne» (1600) del Museo Davia Bargellini di Bologna, sottoposta a restauro appositamente per la mostra. Il suo sfondo ombroso, «quasi caravaggesco», si è rivelato essere una sovradipintura successiva ed è stato ora ripulito per esporre una tavolozza luminosa che «cambia completamente la nostra lettura dell’opera», dice la curatrice.
Uno degli obiettivi della mostra è mettere in risalto Fontana «come artista e non solo come donna», conclude Brady, sperando di ispirare ulteriori ricerche tecniche sulla sua pratica di studio ancora misteriosa. «Sarà molto importante per le future borse di studio che tutti noi abbiamo una buona conoscenza di come lavorava esattamente, perché altrimenti è impossibile districarsi nella sua opera».