Dal 12 settembre al 12 gennaio 2025 il Gropius Bau di Berlino ospita la ricca antologica «La felicità non sempre è divertente» dell’artista thailandese nativo di Buenos Aires e residente a New York Rirkrit Tiravanija (1961), che con la sua pratica ha ampliato il concetto convenzionale di arte e crea sempre situazioni in cui entrano in gioco interazioni sociali ed esperienze sensuali. Curata dalla direttrice del museo, Jenny Schlenzka, affiancata da Yasmil Raymond e Christopher Wierling, la mostra riunisce per la prima volta un importante corpus di opere di Tiravanija, iniziato nei primi anni ’90, che si confrontano con la Germania (dove l’artista ha a lungo vissuto, soprattutto a Berlino), con le sue peculiarità culturali, con il suo presente politico in divenire e con il fenomeno pressante dell’immigrazione che la riguarda oramai da molti anni a questa parte.
Il titolo della rassegna è stato preso in prestito da un film del 1974 di Rainer Werner Fassbinder, «La paura mangia l’anima», che tematizzava già cinquant’anni fa una questione drammaticamente attuale nella Germania di oggi, quella del razzismo antiarabo che negli anni ’50-70 riguardò soprattutto gli allora noti come «Gastarbeiter», lavoratori ospiti stranieri reclutati dalle fabbriche tedesche occidentali a corto di manodopera autoctona. L’ampia mostra comprende opere su carta, sculture, fotografie e una selezione di film in Super 8 di Tiravanija raramente esposti, oltre a regolari e cadenzate attivazioni di opere effimere e partecipative ovvero performance dell’artista dagli anni ’80 ad oggi. Nella sua pratica artistica i confini istituzionali e le categorie (ospiti, espositori, artisti) sono messi alla prova: il pubblico è chiamato a prendere parte ad attività organizzate, a sporcarsi le mani, a fare rumore, a cucinare e mangiare, a giocare nell’elegante cornice di un Gropius Bau rivoluzionato per l’occasione.
Rirkrit Tiravanija ha cominciato a creare le sue prime installazioni a metà degli anni ’80. Integrando attività collaborative come conversazioni, musica e giochi o bere e cucinare con i visitatori, si è fatto conoscere trasformando le mostre in situazioni comunitarie in cui ha sempre formulato esplicitamente la sua critica nei confronti della rappresentazione ufficiale, nella nostra parte di mondo, delle culture asiatiche e degli stereotipi razzisti all’interno dei costrutti ideologici della cultura egemonica occidentale.