Elisa Carollo
Leggi i suoi articoliA seguito della collettiva che ha inaugurato il nuovo spazio newyorkese al 1002 di Madison Avenue, White Cube celebra Tracey Emin con la mostra«Lovers Grave». Una serie di dipinti e opere su carta realizzate nell’ultimo periodo segnano la prima personale dell’artista da più di 7 anni a New York e «una delle mostre più importanti che abbia mai avuto», come lei stessa ha commentato, visitabile sino al 13 gennaio 2024.
A partire dal suo memorabile «letto disfatto» («My Bed» del 1998), Tracey Emin si è imposta all’attenzione del pubblico internazionale per la sua arte provocatoriamente reale, ma per questo profondamente umana nell’affrontare in modo passionale, talvolta viscerale, i vari picchi emozionali ed esistenziali di ciascuno di noi, fra amore, desiderio, dolore e perdita. Il suo racconto autobiografico senza filtri ha dato voce all’esperienza personale (ma condivisa) dell’essere donna, dalla scoperta del desiderio sessuale, la rivendicazione del proprio piacere, e altre esperienze estreme di connessione con il proprio essere fra violenza, vergogna, malattia, l’accesso, l'aborto e la menopausa.
L’artista non si è mai tirata indietro dal raccontare le più grandi sfide fisiche e psicologiche e gli ostacoli emotivi propri della condizione femminile nel mondo oggi. Come suggerisce il titolo, letteralmente, «tomba degli amanti, la mostra trae ispirazione dalle immagini di siti archeologici in cui sono presenti sepolture e in cui sono stati trovati resti umani di amanti, stretti ancora in un eterno abbraccio amoroso.
Il concetto di devozione eterna tra due persone anche nell’aldilà, che vince la caducità dei corpi e la transitorietà delle pulsioni ed emozioni, è qualcosa che ha sempre affascinato Emin. Il tema della resurrezione ha poi una particolare risonanza per l’artista, sopravvissuta ad un cancro che l’ha portata a scoprire la propria vulnerabilità ma anche la forza interiore di resilienza. D’altronde, come da lei stessa ammesso, non ha mai smesso di fare l’artista: «Se non avessi fatto arte, sarei già morta».
Questo tumultuoso mondo interiore si traduce sulle sue tele, in maniera istintiva, senza disegni e premeditazioni, restituendo tutta l’energia emozionale che la caratterizza. I dipinti riflettono alcune delle riflessioni sulla caducità del corpo, sulla sofferenza che l’artista ha provato, ma al contempo paiono anche emanare una certa forza rigenerativa, attraverso vitali gesti pittorici che emergono dai sepolcri. Il motivo della «Morte e la fanciulla» è un tema prevalente in tutte le opere: per esempio, in uno dei i dipinti più significativi in mostra, «The Beginning and The end of Everything» (2023), una figura femminile giace all’interno di una forma poco definita che può essere letta contemporaneamente come un letto, una tomba poco profonda o una vasta topografia di segni.
I temi dell’amore tumultuoso si manifestano poi in opere come «There was no Right way»(2022), in cui segni vigorosi mettono a nudo i contorni del corpo prima di scomparire in un paesaggio astratto. Dettagli autobiografici fanno la loro comparsa qua e là in tutti i lavori. L’artista dimostra infatti un’innata capacità di passare dal profondamente personale all’universale (vari sono i riferimenti anche alla città di Margate, dove è tornata a vivere nel periodo di convalescenza della malattia e dove ha creato la sua residenza artistica). Fra le anticipazioni emerse in esclusiva nella press preview, la notizia di una personale di Tracey Emin a Palazzo Strozzi, a Firenze, nel 2025.
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