Anna Somers Cocks
Leggi i suoi articoliDopo molte parole, il tanto pubblicizzato ticket per Venezia sarà solo un «progetto pilota» per 30 giorni l’anno prossimo. Adesso sappiamo che non intende davvero limitare il numero di turisti e che causerà enormi code nei tre punti d’ingresso della città dove i Qr code assegnati ai singoli visitatori verranno controllati a casaccio («Un veneziano si distingue da un turista grazie al suo aspetto», ha dichiarato un funzionario alla conferenza stampa del 22 ottobre...). Sappiamo che nel primo anno costerà quanto incasserà. Di sicuro in cambio di una miseria darà il massimo fastidio sia ai veneziani che ai visitatori. E non renderà orgogliosi i visitatori di contribuire alla salvezza della città più bella e più fragile del mondo.
Partiamo dal concetto di limitazione dei numeri. Oggi vi è un eccesso di domanda per ogni luogo di grande bellezza e fama, e per ogni «best in category». Quindi è ampiamente accettato il concetto di gestire i numeri per non rovinare la loro natura eccezionale. La Polinesia francese sta imponendo un limite di 280mila persone all’anno entro il 2027; da questo settembre, l’Acropoli di Atene ne ammette solo 20mila al giorno, in calo dai precedenti 23mila, con un sistema di prenotazione a fasce orarie a partire dal prossimo aprile.
Le isole Galápagos (Ecuador) controllano il numero di visitatori con una tassa d’ingresso di 100 dollari, Amsterdam ha smesso di pubblicizzarsi come attrazione turistica e il Trentino-Alto Adige non permetterà più alle auto private di salire fino all’alpeggio dell’Alpe di Siusi. Sempre più città, da Berlino a Barcellona, negano l’autorizzazione all’apertura di nuovi B&B per non ridurre gli alloggi per i residenti. Abbiamo già capito che il turismo, come l’agricoltura e l’industria mineraria, dev’essere sostenibile se vorremo continuare a godere dei suoi benefici. Per proteggere ciò che amiamo dobbiamo razionarlo, anche se non potremo visitare più certi posti tanto spesso e senza organizzare con largo anticipo.
Il Comune di Venezia invece ha il terrore di contraccolpi da parte dell’elettorato, dell’aeroporto e delle fasce più basse del settore turistico: le pizzerie, le cooperative di taxi acquei, i negozi di cianfrusaglie. E perciò ha fissato un prezzo inverosimilmente basso per il biglietto d’ingresso. Farebbe bene ad ascoltare gli esperti dell’Università Ca’ Foscari che consigliano di limitare il numero di presenze (cioè, di quelli che ci dormono sommati a quelli che vengono in giornata) a 50mila al giorno, alzando il livello dell’offerta culturale invece di lasciare che Venezia diventi sempre di più un parco a tema combinato a un suq (l’ultima brillante idea del sindaco Brugnaro è di aprire una grande discoteca all’Arsenale).
Entrare agli Uffizi costa 26 euro; Venezia con tutte le sue meraviglie può chiedere come minimo lo stesso prezzo. Un biglietto d’ingresso di 26 euro pagato ogni giorno dell’anno, ipotizzando una media di 40mila visitatori giornalieri, permetterebbe di raccogliere circa 380 milioni di euro l’anno. Questo darebbe alla città la possibilità di dotarsi di un programma di «project financing» come quello che consente di pagare la costruzione di autostrade attraverso i pedaggi. Per sopravvivere all’innalzamento del livello dell’acqua Venezia avrà bisogno di opere ingegneristiche e sul fronte ambientale dal costo miliardario. Da realizzare e da mantenere. Nel 2005, privatamente, Mario Draghi era favorevole all’idea, ma nessun Governo e tantomeno il Comune ha finora pensato a questa soluzione.
Lindblad Expeditions, che organizza tour delle Galápagos dal 1967, ha dimostrato che, spiegando la bellezza e la fragilità di queste isole ai propri clienti, questi concedono un contributo extra per la conservazione: il 40% prima della visita, il 54% dopo. Così l’agenzia è stata in grado di donare 3 milioni di dollari al Galápagos Conservation Fund. Similmente, Venezia dovrebbe vedere ogni visitatore come un potenziale «sostenitore» e trattarlo come tale, non come un intruso da spennare. Si dovrebbe far capire loro le glorie della città, ma anche i segni dell’innalzamento del livello dell’acqua, l’erosione della pietra e dei mattoni, le terribili previsioni dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul futuro della città, in modo da coinvolgerli in una sorta di club globale di amici di Venezia. Perché questo accada, il sindaco e i suoi funzionari dovrebbero imparare dai buoni esempi e pianificare il futuro anche se non saranno più in carica. In altre parole, dovrebbero amare la loro città.
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Turismo a Venezia: tolleranza, max 50mila; previsione, 100mila
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