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La facciata del Museu Tàpies con l'intervento dell’artista ghanese Serge Attukwei Clottey

Foto Eva Carasol

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La facciata del Museu Tàpies con l'intervento dell’artista ghanese Serge Attukwei Clottey

Foto Eva Carasol

La nuova pelle del Museu Tàpies di Barcellona

La fondazione creata dall’artista cambia nome e per l’ultimo semestre del centenario presenta un fitto programma di iniziative

Roberta Bosco

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Continuano le novità alla Fundació Tàpies di Barcellona che ha colto l’occasione del centenario della nascita di Antoni Tàpies (1923-2012) per celebrare, sì, ma soprattutto per rinnovare l’istituzione. Così, dopo aver sostituito i responsabili delle mostre e delle collezioni, affidate rispettivamente alla barcellonese Patricia Sorroche e al madrileno Pablo Allepuz, la Fundació Antoni Tàpies cambia nome e diventa Museu Tàpies, con un nuovo logo e una nuova linea grafica. 

«Non si tratta solo di un cambiamento formale, ma di una scelta concettuale. Il concetto di fondazione ha connotazioni diverse e può generare confusione nell’opinione pubblica, mentre la parola museo comunica in modo molto diretto ciò che siamo e ciò che facciamo: conserviamo, diffondiamo, siamo generatori di spirito critico, di pensiero e di connessione tra le comunità che formano la società», ha spiegato Imma Prieto, direttrice da un anno esatto, che per il logo ha puntato sulla M di museo e sul Tà di Tàpies, con l’accento grave che rivendica l’identità profondamente catalana del centro e del suo fondatore. «Il centenario è un momento perfetto per ripensare lo spazio in cui viviamo, immaginandolo come una pelle porosa che ci avvicina a una memoria collettiva bisognosa di essere ossigenata», ha proseguito Prieto, che ha annunciato il cambio di nome durante la presentazione del progetto «Más allá de la piel» (Al di là della pelle) dell’artista africano Serge Attukwei Clottey (Accra, Ghana 1985).

È la prima volta in più di 30 anni che un artista interviene  sulla facciata dell’edificio realizzato tra il 1880 e il 1882 dall’architetto modernista Lluís Domènech i Montaner.  Dopo le polemiche suscitate dall’installazione della scultura «Nuvol i Cadira» (Nuvola e sedia), che Tàpies stesso aveva collocato sul tetto nel 1990, poco dopo l’apertura del centro, nessuno si era più azzardato a toccare la celebre architettura. Il progetto di Serge Attukwei Clottey come tutti quelli a cura di Imma Prieto consta di diversi dispositivi: l’installazione sulla facciata, che rimarrà visibile fino all’1 dicembre, una sfilata di 50 musicisti e ballerini, capitanata dall’artista e aperta al pubblico, una performance dello stesso artista, un ciclo di film di Sarah Maldoror, pioniera del cinema africano, nonché la prima cineasta  ad aver denunciato la schiavitù e per finire in autunno un seminario internazionale, che rientra nel programma del «Museu Habitat», ideato dal primo direttore della Tàpies, Manuel Borja-Villel, attuale consigliere del Dipartimento di Cultura della Generalitat. 

 

Serge Attukwei Clottey

Clottey al lavoro. Foto Eva Carasol

«Non si tratta di estetizzare la facciata, ma di approfondire i contenuti dell’opera», spiega la direttrice. I materiali che formano questa seconda pelle, un mosaico di 123 metri quadrati di tessere di plastica recuperate dai bidoni che in Africa si usano per acqua e combustibili, unite con filo di rame, arrivano da Venezia, dove l’artista nella scorsa Biennale d’Architettura ha presentato un’installazione all’Arsenale. Per poterla adattare all’edificio del Museu Tàpies gli studenti della scuola di design Eina e persone afrodiscendenti hanno realizzato un gran lavoro di pulizia, restauro e ricostruzione in un workshop intensivo di tre settimane in cui hanno stabilito con l’artista e tra di loro legami di carattere personale e politico. «Il materiale si trasforma in metafora e rende visibile la storia geopolitica del continente africano e il suo presente neocoloniale. Riciclare questi bidoni, così caratteristici della vita quotidiana in Africa, serve come veicolo di riflessione sulla realtà economica e migratoria del Ghana. Ogni contenitore ha la sua storia e conserva la memoria del tempo», ha spiegato Clottey che attraverso le diverse azioni che compongono il progetto invita a riflettere in modo collettiva e trasversale sull’emergenza ecologica e sui fenomeni migratori, imposti dall’economia globale e dalle diseguaglianze che essa crea.

Sarà un’estate particolarmente intensa per il Museu Tàpies che, dopo il grande successo della presentazione nel Museo Reina Sofia di Madrid, accoglie anche l’ultima tappa della grande mostra del centenario «Antoni Tàpies. La práctica del arte». Curata da  Borja-Villel la mostra si potrà visitare fino al 12 dicembre.

La facciata del Museu Tàpies con l’opera di Clottey. Foto Eva Carasol

Roberta Bosco, 02 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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