Quasi in contemporanea alla mostra di Sara Basta al Pastificio Cerere dal titolo «La prima madre» si svolge presso la Fondazione Nomas un’altra mostra che ha come tema la maternità: «Materia / Matter» di Iris Nesher, artista nata a Milano ma cresciuta a Tel Aviv. L’esposizione, a cura di Raffaella Frascarelli e visibile fino al 30 aprile, presenta infatti otto fotografie, due video e una serie di elementi in porcellana presentati in maniera istallativa, accomunati dagli archetipi femminili, il senso di comunità tra donne e, come accennato, il concetto di maternità.
Una mostra a tratti struggente, che affida alle parole di nove donne (scrittrici, attrici, coreografe, poetesse) il commento ad altrettante fotografie che le vedono protagoniste, ognuna con il proprio senso di maternità: un sentimento che può incarnarsi sì nel rapporto con i propri figli ma anche in quello con un genitore anziano, nella volontà di non generare altre vite o nell’amore per la propria compagna o, come nel caso della poetessa Hedva Harechavi, maternità come dolore tragico per la perdita incolmabile di un figlio.
Proprio questo è l’oggetto dell’intervento più intenso dell’intera mostra, un video di 7 minuti che alterna alcune foto del figlio dell’artista Ari (anche lui morto quando era ancora adolescente) da quando aveva cinque anni fino a poco prima della sua scomparsa. Le foto lo ritraggono addormentato all’interno di musei e luoghi d’arte; lo vediamo crescere, seppur accasciato e dormiente, come un’antica divinità pagana, fino a quando non compare Iris Nesher in piedi, rigida, davanti alla scalinata della Galleria Nazionale di Roma. Prima ad occhi chiusi e poi ad occhi aperti. La scritta sulle scalinate recita: «The time is out of joint» (Il tempo fuori dai cardini). Ed è qui, forse, il senso nella mostra e della nostra esistenza.