Luciana Fabbri
Leggi i suoi articoli«Hold Me, Hold Me, Hold Me» é il titolo della mostra di Theaster Gates, che inaugura il 26 gennaio alla galleria White Cube di New York. Il titolo è ripreso dal testo di Be Real Black for Me (1972) di Roberta Flack e Donny Hathaway: una canzone d’amore che ha contribuito a diffondere un senso di emancipazione ed orgoglio all’interno della comunità Black americana. Gates celebra la creatività e il profondo legame di amicizia tra i due musicisti soul, trasformando lo spazio commerciale in un luogo di scambio spirituale. Nato e cresciuto a Chicago, Theaster Gates si è inizialmente formato come ceramista, e poi specializzato in sviluppo urbanistico e studi religiosi. La sua pratica combina pittura, scultura, performance e archivio, ma è noto soprattutto per i suoi interventi nello spazio pubblico. Per esempio in «The Dorchester Project» l’artista ha acquistato dei vecchi edifici derelitti nella zona South Side di Chicago e li ha trasformati in istituzioni culturali aperte alla comunità.
Entrati in mostra vediamo «Duet», 2023: una coppia di vasi monumentali in bronzo. Gates è affascinato dalla possibilità dei vasi di ceramica di contenere cibo, ma anche di diventare urne funerarie. Già nella mostra al New Museum di New York un anno fa, «Young Lords and Their Traces», l’artista aveva re immaginato la funzione del museo in quanto «spazio per storie personali e adunanze spirituali». La tradizione della musica gospel e blues, genere musicale profondamente legato al trauma dell’esilio e della schiavitù, è uno dei temi principali esplorati nel suo lavoro. In un’intervista durante la presentazione dell’opera «Black Chapel» alla Serpentine Gallery nel 2022 l’artista ha affermato: «Ho sempre voluto costruire spazi che tenessero conto del potere del suono e della musica come meccanismo di guarigione e forza emotiva, così da permettere alle persone di entrare in uno spazio di profonda riflessione e partecipazione».
La monumentale scultura «Sweet Sanctuary, Your Embrace», 2023 è costituita da un pianoforte di legno ricoperto di catrame. L’uso del catrame, richiama il lavoro del padre come riparatore di tetti. Gates esplora le qualità formali del catrame e lo mette in conversazione con il formalismo americano. La scelta di ricoprire il pianoforte con il materiale da costruzione impermeabilizzante, sembra suggerire la volontà di preservare la memoria di Hathaway, il suo talento da pianista, e celebrare la musica come fosse un santuario, un luogo di incontro e partecipazione emotiva. Il lavoro di Gates stimola un’analisi profonda della storia culturale e sociale dei neri, spesso distorta o trascurata.
Al centro dell’esposizione si trovano anche due installazioni, «THE 11TH FLOOR» e «CREDIT UNION OFFICE», che presentano materiale d’archivio proveniente dagli uffici della Jhonson Publishing Company di Chicago. La più grande casa editrice afroamericana degli Stati Uniti, negli anni 50 e 60, in un’epoca di grandi cambiamenti sociali, attraverso riviste come Ebony o Jet, i contribuì a mobilitare la comunità nera, offrendo un luogo di condivisione di prospettive e simboli afroamericani. In una città fortemente segregata la JPC offriva possibilità di lavoro e un rifugio sicuro per i produttori culturali neri. Quando la compagnia cessò la sua attività nel 2006, Gates comprò l’intera collezione di archivi fotografici, per conservarli nel progetto «Black Image Corporation» e ripresentarli in occasione delle sue mostre. Gates continua ad esplorare ed immaginare nuove forme di ricordo e preservazione della cultura afroamericana in cui si mescolino storie personali e collettive.
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