Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliDurante gli scavi tra le rovine dell’antica Buto (Tell el-Farain, Delta centrale) una squadra di archeologi egiziani ha riportato alla luce resti di mura in mattoni crudi, interpretati come appartenenti a un osservatorio astronomico. L’attribuzione è stata compiuta sulla base del ritrovamento di una clessidra in pietra, strumento che però faceva parte del comune arredo di qualsiasi tempio egizio, in quanto utilizzato per mantenere il computo del tempo e calcolare l’inizio e la fine del servizio degli addetti al culto. Alcuni frammenti di stele in pietra calcarea dipinta, databili genericamente alla seconda metà del I millennio a.C., recano l’immagine di Uadjet, la dea cobra patrona di Buto e divinità dinastica dell’Egitto settentrionale, e inducono perciò a ritenere che almeno l’edificio appena scavato facesse parte del tempio cittadino principale, situato a non molta distanza dall’area indagata, e si trattasse di un’area il cui accesso era consentito anche ai fedeli. Lo dimostrerebbero anche le numerose tavole per offerta recuperate dagli archeologi egiziani durante le loro ricerche.
Degno di nota è il ritrovamento della parte inferiore di una statua in granito grigio del sacerdote e guardasigilli del sovrano Psametjek-samen (la lettura è stata stabilita dagli archeologi egiziani). Il nome è costruito a partire da quello di uno dei vari Psammetico che regnarono durante la XXVI Dinastia (metà VII-metà VI secolo a.C.) e consente perciò di datare genericamente la scultura a quest’epoca. Il funzionario è raffigurato inginocchiato dietro a una figura acefala di Osiride seduto. La statua attesta perciò la sua particolare devozione verso questa divinità. Tra gli innumerevoli ritrovamenti vi sono statuine in bronzo e numerosi amuleti in faïence. Il ritrovamento di alcune monete tolemaiche e romane attesterebbe la lunga frequentazione del sito, mentre un frammento in calcare con i resti di una figura divina che lo stile consente di datare all’età tolemaica, mostra tracce di usura che ne fanno supporre un utilizzo come base di una macina o di qualche altro strumento circolare, suggerendo un riutilizzo abitativo dell’area in epoca imprecisata.
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