Thomas Clement Salomon
Leggi i suoi articoliGiorgione è ancora oggi una delle figure più misteriose dell’arte italiana, forse morì durante un’epidemia di peste poco più che trentenne e nonostante la brevità della sua vita, segnò una svolta epocale per la pittura veneta. L’esiguo numero delle opere a lui attribuibili con certezza, non fa che alimentarne il mito.
Problematica è stata anche l’attribuzione della sua tavola raffigurante l’«Adorazione dei pastori», dipinta tra il 1505 e il 1510 e oggi a Washington (National Gallery of Art). Denominata «Adorazione Allendale» dal nome dei baroni che la possedettero fino al 1937, essa appartenne anche al cardinale Joseph Fesch.
Il dipinto è caratterizzato da uno straordinario e luminoso paesaggio veneto raffigurato sulla sinistra e, in antitesi, una grotta buia dalla quale si intravedono l’asino e il bue sulla destra. In primo piano un tronco d’albero reciso, parzialmente coperto da un rigoglioso cespuglio, introduce un panorama dove le sfumature del cielo sovrastano un paesaggio costellato da torri, alberi, colline e sentieri.
All’ingresso della grotta le tonalità lucenti delle vesti di Giuseppe e Maria emergono dall’oscurità e risaltano rispetto a quelle più tenui degli indumenti dei pastori accorsi per celebrare la nascita di Cristo. Il neonato Salvatore è nudo, disteso in una posa alquanto improbabile su un esile telo bianco che lo separa dalla terra viva. Una posizione che lascerebbe perplesse le premurose madri moderne, ma per la quale Giorgione ha optato conferendo maggior risalto all’ambientazione e alle cromie delle vesti dei protagonisti che non alla divinità venuta da poco alla luce.
Quest’opera venne donata al museo di Washington da Samuel Kress, che l’acquistò a sua volta dal noto mercante Joseph Duveen. Quest’ultimo, prima di rivenderla, cercò in tutti i modi di farla attribuire a Giorgione da Bernard Berenson, per aumentarne sensibilmente il valore economico. Lo studioso non era però d’accordo. Erroneamente, riteneva la tavola un lavoro giovanile di Tiziano. Questa disputa causò la rottura del rapporto d’affari tra Berenson e Duveen, che andava avanti da più di due decenni. Oggi, quasi unanimemente la critica riconosce nel dipinto uno dei rari autografi di Giorgione, contrariamente alla visione di Berenson. Anche i più grandi possono essere tratti in errore.
L'autore è Storico dell’arte, consulente alla direzione alla Galleria Borghese, Roma
LA NATIVITÀ NELL'ARTE
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