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Un gruppo di ceramiche cinesi del XVII e XVIII secolo vendute in occasione dell’asta «Passion and Philantropy: Chinese Art from the Metropolitan Museum of Art» da Bonhams a New York. Cortesia di Bonhams

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Un gruppo di ceramiche cinesi del XVII e XVIII secolo vendute in occasione dell’asta «Passion and Philantropy: Chinese Art from the Metropolitan Museum of Art» da Bonhams a New York. Cortesia di Bonhams

L’arte cinese ceduta dal Metropolitan

Bonhams ha messo all’asta 174 articoli provenienti da donazioni storiche

Beatrice Cumino

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Perché i musei americani continuano a mettere in vendita il loro patrimonio storico? Semplice, non interessa più a nessuno, oppure hanno ricevuto delle donazioni che non incontrano più il gusto generale, oppure stanno scremando il materiale più seriale, in vista di acquisti più interessanti. Tutto si gioca sul principio del “qui e ora”, il passato e il futuro contano molto meno. Durante la Asian Week da Bonhams a New York si è svolta «Passion and Philantropy: Chinese Art from the Metropolitan Museum of Art», un’asta «white gloves» di 174 ceramiche cinesi e giade dal Metropolitan Museum di New York offerte senza riserva.
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Gli oggetti provenivano da 24 illustri figure della «Gilded Age» americana, un periodo storico di grande fermento sociale e culturale che vide filantropi come John D. Rockfeller Jr (1874-1960), Samuel Putnam Avery (1822-1904), William R. Stewart (1852-1929) e Samuel T. Peters (1854-1921) concedere il loro tempo, ricchezza e passione alla creazione della collezione di arte asiatica del Met, una delle più grandi e complete al mondo con oltre 35mila oggetti e 5mila anni di storia.

Il Met ogni anno, dopo una scrupolosa revisione degli oggetti per verificare la presenza di opere simili o duplicati, procede alla vendita delle sue opere d’arte, pratica conosciuta come «deaccesioning». I fondi ricavati da queste alienazioni consentono al museo di arricchire le proprie collezioni con l’acquisizione di nuove opere. L’asta ha quindi dato la possibilità a collezionisti provenienti da tutto il mondo di aggiungere un pezzo di storia alla propria collezione.
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Samuel Putnam Avery, uno dei fondatori e fiduciari a vita del Met, contribuì alle raccolte del museo con oltre 1.300 porcellane cinesi e giapponesi, 82 delle quali erano presenti in asta. Commerciante d’arte, collezionista di libri rari e di stampe e incisore su legno, Avery si impegnò affinché ogni grande collezione pubblica degli Stati Uniti esponesse ceramiche cinesi. Uno degli esemplari provenienti dalla sua collezione è l’imponente vaso a fondo «sgraffito» in porcellana famille-rose con manici a forma di drago del periodo Qianlong-Jiaqing, top lot dell’asta, stimato 80-120mila dollari e venduto a 87mila. Tra gli altri lotti di punta della serata un vaso dipinto con fiori di loto e viticci che ne avvolgono il corpo dipinto in blu cobalto proveniente dalla collezione di Edward Harkness, passato di mano per 36mila dollari.
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L’incanto comprendeva anche sculture in giada in parte donate dal magnate del carbone, appassionato collezionista e filantropo Samuel T. Peters che, insieme a sua moglie, Adeline Elder Peters, creò una delle principali collezioni di ceramiche e giade cinesi dell'inizio del XX secolo da cui provengono i sei ornamenti arcaici in giada e pietra dura passati di mano per circa 7mila dollari. Dalla collezione di Florence and Herbert Irving, in onore dei quali è stata ribattezzata l’ala asiatica al secondo piano del Met in ragione del loro importante contributo al museo, proveniva una giada finemente scolpita in altorilievo da cui appare un drago che emerge dall’acqua al chiaro di luna per inseguire una perla. Risalente al XVIII secolo e su supporto ligneo ha trovato una nuova casa per 11mila dollari (stima 8-12mila dollari).

Beatrice Cumino, 19 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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