Luciana Fabbri
Leggi i suoi articoliImmaginate di passare da Velletri a Parigi, a fine ’800. Dall’ambiente contadino e remoto della campagna romana, a una metropoli cosmopolita nel pieno fermento economico e culturale della Belle Époque. Questa è l’incredibile storia di Juana Romani (1867-1923). Nata Giovanna Carolina Carlesimo a Velletri nel 1867, la modella e pittrice riuscì a emergere nei circoli artistici parigini superando le barriere imposte alle donne del suo tempo ed entrando nella storia dell’arte. È questo il tema del nuovo volume a cura dello storico dell’arte Gabriele Romani.
Emigrata a 10 anni a Parigi con la madre e il patrigno, Carlesimo si guadagna da vivere posando come modella per le accademie d’arte. Deve aver avuto un fascino e un carisma travolgenti perché venne subito notata nei circoli artistici e richiesta come musa per numerosi dipinti, sculture e persino pubblicità. Tra i suoi maestri ci sono Jean-Jacques Henner e Ferdinand Roybet, che la aiutano a orientarsi nella difficile società parigina. Ma il ruolo di modella comincia presto a starle stretto e a 19 anni decide di voler diventare pittrice. Il senso comune del pudore all’epoca prevede che le donne possano posare nude, ma non dipingere (all’École de Beaux-Arts saranno ammesse solo dal 1896, mentre nelle Accademie private Colarossi e Julian potranno entrare solo pagando il doppio della retta degli uomini). L’artista aggira l’ostacolo, smettendo di posare come modella e continuando a farlo solo per gli artisti che possono insegnarle a dipingere. Cambia nome, come a voler consacrare la sua nuova identità, scegliendo l’esotico Juana Romani.
I soggetti dei suoi dipinti sono donne controcorrente e temerarie, ma pervase di erotismo e sensualità, come «Salomé» (1898), «Jeanne d’Arc» (1893), «Desdemona» (1903) o «Judith» (1894). Vestono tessuti preziosi e ricercati, dipinti con grande virtuosismo. Emerge il contrasto tra la nudità dei corpi in mostra, e i loro sguardi volutamente misteriosi, di non facile decifrazione psicologica. Alcune espressioni ricordano i volti ambigui leonardeschi o le femmes fatales dei preraffaelliti. Si confronta in maniera originale con la storia dell’arte. Per esempio, in «Mina da Fiesole» (1899), ritrae il celebre scultore Quattrocentesco come una donna. In «Tizianella» (1902), si autoritrae come Tizianello, figlio del pittore Tiziano Vecellio, protagonista di un’opera letteraria di Armand Silvestre. Gabriele Romani, autore della monografia, interpreta queste scelte come un tentativo di conciliazione con la storia dell'arte: «La femminizzazione di Mino da Fiesole riflette il suo ruolo minore e delicato nell’arte del Quattrocento, mentre in Tizianella l'artista affronta il peso dell'eredità artistica maschile». Questi lavori non sono solo provocazioni, ma una riflessione profonda sul suo ruolo di pittrice e donna all’interno della tradizione.
Confini d'identità. Juana Romani, modella e pittrice
di Gabriele Romani, pp. 208, ill., Castelvecchi, Roma, 2024, € 18,50
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