Stefano Causa
Leggi i suoi articoliSconosciutissimo Borghese. Il fronte degli studiosi meridionali o di acquartieramento meridionale è compatto nel difenderne l’allineamento tra i migliori e più caratterizzati maestri del primo quarto del Seicento. Toccherà illuminare il pubblico dei non addetti che, di quest’omologo regnicolo del fiorentino Agostino Ciampelli o del genovese Simone Barabino non sa granché, non avendolo incontrato in nessuna delle esibizioni panoramiche che vendono e rivendono il secolo napoletano al segno di Caravaggio e compagnia di giro.
Umbro di Sigillo, 30 km da Perugia, ma cresciuto nel Vicereame spagnolo, il pittore Ippolito Borghese è indirizzo per conoscitori mentre è ignoto ai clienti delle mostre che non saprebbero reagire dinanzi a un coetaneo di Orazio Gentileschi che pure, con qualche beneficio, gli sta a pari per preziosità di materia e colori. Appare più che benvenuto, perciò, questo saggio di Nicola Cleopazzo, fondato su una ricerca ultradecennale, scritto con garbo e dove non manca la revisione di un catalogo che ammonta a una quarantina di numeri tra pale sacre, ritratti e opere private. Chi abbia letto gli ultimi saggi napoletani di Roberto Longhi riconoscerà nel titolo del libro l’anacoluto folgorante di chi, avviato il Meridione lungo la corsia preferenziale dei pittori della realtà, considerava di striscio, senza volontà di approfondirne il peso, i maestri fuori codice caravaggesco. «Casta bellezza controriforma», dice l’essenziale di chi fosse cresciuto nel culto di Federico Barocci per meditare sulle smaglianti riletture raffaellesche di Scipione da Gaeta.
Borghese è fine di suo e il portfolio offerto nel libro rivela che a Napoli l’estate del Caravaggismo segnerà un impoverimento rispetto alle sottigliezze cromatiche di lui e altri compagni di strada (innanzitutto Francesco Curia) su cui non smetterà di meditare lo stesso Luca Giordano da giovane. Ma è nel sottotitolo che si scopre la disposizione a un affrontamento più vasto di quello della stilcritica longhiana. Arte, storia e devozione: tutto sta a vedere come legarle. E qui nessun ausilio, dalla sociologia, alla storia economica, alla verifica documentaria, alla storia religiosa (su cui soprattutto gli studiosi pugliesi hanno dato il meglio) viene tralasciato per circostanziare l’acclimatazione napoletana di Borghese in anni di irripetibile articolazione della scena locale.
Francavillese, sulla via dei 45 anni, l’autore mette a frutto la conoscenza esaustiva di mezzo secolo di ricerche anche periferiche o marginalissime, tese a recuperare l’essenziale rimasto fuori dalle arbitrarie sistemazioni longhiane. Al punto che questo Borghese, tra le migliori monografie uscite in questi ultimi anni e che ha il merito non ultimo di ridare nuovo carburante alla vicenda dei contatti tra studiosi pugliesi e napoletani, lo si potrà utilizzare come compendio aggiornato della pittura a Napoli nel primo quarto del Seicento.
Ippolito Borghese (1568-1623/24) e la casta bellezza «controriforma». Arte, storia e devozione a Napoli e nel Viceregno tra Cinque e Seicento
di Nicola Cleopazzo, 560 pp., ill col. e b/n., Fioranna, Napoli 2024, € 50
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