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Innumerevoli case nei villaggi dei distretti Barmal e Gayan di Paktika sono state completamente distrutte. Foto Samargul Samar

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Innumerevoli case nei villaggi dei distretti Barmal e Gayan di Paktika sono state completamente distrutte. Foto Samargul Samar

Investire per salvare un patrimonio inestimabile

In Afghanistan quasi un mese dopo la tragedia del sisma, non è ancora chiaro se e quali siti culturali siano stati colpiti. Un tuffo nei tesori (a rischio) di un Paese ancora da scoprire

Sarvy Geranpayeh

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Mentre l’Afghanistan cerca di fare i conti con le conseguenze del peggior terremoto che abbia colpito il Paese negli ultimi vent’anni, gli esperti culturali affermano che sarà impossibile determinare i danni causati ai siti archeologici nel prossimo futuro. «Per quanto ne sappiamo, i siti culturali riconosciuti non sono stati colpiti dal terremoto. Tuttavia, è impossibile determinarlo con certezza a meno che un team di esperti non valuti l’area. Al momento non è una priorità», racconta Abdullah, un esperto storico di alto livello con stretti legami con il Ministero dell’Informazione e della Cultura dell’Afghanistan (che non può essere nominato perché non è autorizzato a parlare con la stampa).

Secondo Abdullah, viene posta un’altra sfida dal fatto che, a causa della mancanza di sicurezza, negli ultimi due decenni nelle aree interessate non sono state effettuate ricerche o indagini archeologiche. «Non abbiamo idea di cosa ci fosse», dice Abdullah.

Tre settimane fa, intorno all’1.30 del 22 giugno, un potente terremoto di magnitudo 5,9 ha distrutto innumerevoli villaggi dell’Afghanistan orientale, uccidendo più di 1.000 persone e ferendone almeno altre 1.500.

Secondo il Centro sismologico europeo-mediterraneo, l’epicentro del sisma è stato a 37 km a sud-ovest della città di Khost. I distretti rurali di Gayan e Barmal della provincia di Paktika e alcune parti della provincia rurale di Khost sono state tra le aree più colpite. Le scosse di terremoto sono state avvertite a 200 km di distanza nella capitale Kabul e nei Paesi confinanti, Pakistan e India.

La mancanza di strade affidabili e di infrastrutture di comunicazione hanno ritardato la risposta iniziale degli aiuti, che sono quindi stati distribuiti in ritardo mentre i Talebani cercavano di gestire la situazione di crisi. «Siamo arrivati giovedì e la gente non aveva nulla: né elettricità, né cibo, né acqua. Gli aiuti erano arrivati ma non erano stati distribuiti tra la gente», racconta un residente di Sharana, capitale di Paktika, che ha chiesto di essere identificato solo come Nawid.
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Siti culturali in Paktika
Si ritiene che la Paktika sia ricca di siti storici di grande valore; tuttavia, la mancanza di sicurezza in questa regione negli ultimi due decenni ha reso impossibile la ricerca archeologica da parte del governo afghano o di agenzie straniere.

Alcune parti di Paktika e Khost erano sotto il controllo dei Talebani anche prima della caduta del governo lo scorso anno. Situati vicino al confine con il Pakistan, i locali hanno avuto forti legami con la rete Haqqani, un gruppo militante islamico sunnita che nel 2012 è stato indicato come organizzazione terroristica straniera dal governo statunitense.

Diversi haqqani occupano ora ruoli nel gabinetto del governo talebano. Sirajuddin Haqqani, il ministro degli Interni, sulla lista degli uomini più ricercati dall’FBI, ha fatto una rara apparizione pubblica quando ha visitato Paktika nei giorni scorsi. «Paktika è una delle province storiche dell’Afghanistan. Si pensa che qui ci siano molti siti archeologici che risalgono almeno alla dinastia Kushan (dal primo secolo a.C. al terzo secolo d.C.)», afferma Zulfiqar Moqbel, ex capo del Ministero dell’Informazione e della Cultura di Paktika.

Alcuni siti identificati sono la prova di una storia antica che merita ulteriori ricerche. Tra questi, Patana nel centro di Sharana, un sito che risale al periodo pre-islamico (oltre 1.400 anni); Reshke, una possibile rovina archeologica a Mata Khan; Qala Hasht Rokh, un forte che si presume sia stato costruito tra il 424 d.C. e il 566 d.C. nel distretto di Urgun; e Burj Gomol, una torre di 300 o 400 anni fa sempre a Urgun. «Negli ultimi 20 anni il governo non ha avuto accesso a queste aree, quindi ne sappiamo molto poco», afferma Moqbel.

Un ex viceministro del Ministero dell’Informazione e della Cultura in esilio, in incognito, ha fatto eco ai commenti di Moqbel e ha detto che quando hanno cercato di visitare le aree sono stati attaccati dagli insorti. Ha raccontato di essersi recato a Barmal nel 2010 per un incontro con la gente del posto, con cui aveva in programma di trascorrere una giornata, ma i loro piani sono stati interrotti da un attacco missilistico: «Era così pericoloso che non potevamo rimanere lì. Anche quando i soldati americani, che avevano una base nelle vicinanze, sono venuti a trovarci, sono potuti rimanere solo per poche ore».
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Patana a Sharana, Paktika
Moqbel condivide con passione le poche informazioni che si conoscono su alcuni siti. Patana, di epoca pre-islamica, è un monte con caratteristiche simili a un forte. Nel corso degli anni, sulla sommità del sito storico è stata costruita una torre per le telecomunicazioni ed è stata utilizzata come postazione militare. «È possibile che gran parte del sito sia sotterraneo».

Basta addirittura spostare il terreno con un colpo di mano per scoprire prove di manufatti nel suolo che circonda il sito. Il team di Moqbel aveva identificato una persona impossessatasi di una statua di Patana. In procinto di fare un reclamo affinché fosse restituita ed esposta al Museo Nazionale di Kabul, il team rinunciò poiché il Paese cadde sotto la dittatura talebana.

La mancanza di accesso ai distretti ha impedito di indagare su scavi illegali e cercare prove di siti culturali di valore. Circa due mesi prima della caduta del governo, Moqbel ha ricevuto segnalazioni di uno scavo illegale a Reshke, un sito nel distretto di Mata Khan, a circa 35 km da Sharana.

«Ci hanno detto che stavano scoprendo manufatti, oro e persino statue. Ma non potevamo fare nulla». Burj Gomal, una torre nel distretto di Urgun, è un’altra struttura di Paktika che Moqbel spera venga studiata: «Credo che Burj Gomal abbia almeno 300-400 anni, ma non sappiamo niente più. È triste che sia così». I siti elencati e altri siti registrati a Khost, non si trovano in aree distrutte dal terremoto, anche se Moqbel e altri esperti concordano sulla necessità di una valutazione tecnica per escludere il peggio.

Il tesoro di Mirzaka a Paktia
La prova che potrebbero esistere siti di importanza storica non ancora scoperti si trova non troppo lontano, nella vicina provincia di Paktika. La storia del tesoro di Mirzaka è famosa negli ambienti archeologici dell’Afghanistan.

Le ricerche di Ketab Khan Faizi, direttore dell’Accademia delle Scienze presso il Centro Internazionale di Studi Kushan di Kabul, indicano che nel 1947 un gruppo di donne trovò casualmente alcune monete a Mirzaka, a circa 30 km a nord-est della città di Gardez, la capitale di Paktia, che condussero alla scoperta di piccole stanze nella zona. Si è scoperto che vi erano conservate migliaia di monete, per lo più d’argento e di rame, risalenti a circa 700 anni fa. Diecimila monete sono state registrate e successivamente conservate presso il Museo Nazionale di Kabul, ma si ritiene che si tratti di una piccola parte di quanto rinvenuto e che 50.000 monete siano state sottratte dagli abitanti del luogo.
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Tra il 1992-93, durante la guerra civile del Paese dopo il crollo della Repubblica Democratica dell’Afghanistan sostenuta dall’Unione Sovietica, un altro tesoro è stato scoperto a Mirzaka. Si stima che in quel periodo siano state scoperte oltre quattro tonnellate di monete metalliche, circa 550.000 monete e 350 kg di manufatti d’oro venduti sul mercato nero. Non sono stati tenuti registri ufficiali dei ritrovamenti, ma fra i tesori comparivano monete dell’Impero achemenide (550 a.C.).

La storia del tesoro non finisce qui. Nel 1997, quando il Paese fu conquistato dai Talebani, nell’area furono nuovamente rinvenuti manufatti di valore, tra cui statue e ornamenti d’oro. Secondo Faizi, i reperti venivano venduti sul mercato nero: «Nel 2005 è stata condotta un’indagine preliminare che ha identificato 5.000 siti nel Paese, ma da allora non è più stata condotta alcuna ricerca, spiega Faizi. Ogni centimetro dell’Afghanistan conserva storia e resti archeologici. C’è davvero bisogno di un’indagine e di una ricerca dettagliata su tutto il Paese».

Il futuro
Secondo Abdullah, ora che gli spostamenti nel Paese sono più sicuri e i siti sono accessibili, è in programma un’indagine a tappeto con l’obiettivo di creare un inventario dei siti del patrimonio afghano. «Per 40 anni l’Afghanistan è stato insicuro e le questioni relative ai nostri siti storici culturali non hanno ricevuto la giusta attenzione. Speriamo di poter iniziare a salvaguardare i nostri siti culturali».

Per effettuare i sondaggi e le ricerche che Abdullah descrive sono necessari finanziamenti che l’Afghanistan non ha. Il denaro di cui c’è disperato bisogno per rilanciare progetti archeologici in grado di creare posti di lavoro e salvaguardare i siti storici dovrà molto probabilmente provenire da investitori stranieri; una questione politica complicata dal momento che il governo talebano non è ancora stato ufficialmente riconosciuto dall’Occidente. «Speriamo che un giorno la sicurezza e la politica siano tali da invogliare i turisti a visitare l’Afghanistan».

Il sito di Mirzaka, 30 km a nord-est della città di Gardez, nella provincia di Paktia. Almeno 10.000 monete sono state scoperte casualmente in quest’area nel 1947. © The Art Newspaper

Patana, situato a Sharana, capitale di Paktika. Si pensa che il sito sia pre-islamico, ma non è stato studiato dagli archeologi ed è stato per lo più trascurato. Sul sito sono state costruite una postazione militare e una torre per le telecomunicazioni. © The Art Newspaper

Lunedì 27 giugno sono arrivati e distribuiti gli aiuti ai residenti colpiti dal terremoto di magnitudo 5,9 nella provincia di Paktika. Foto Samargul Samar

Sarvy Geranpayeh, 14 luglio 2022 | © Riproduzione riservata

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