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Ilaria Bonacossa: «Palazzo Ducale sarà phygital»

La parola alla neodirettrice della Fondazione genovese, che anticipa alcuni suoi programmi

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Alberto Fiz

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Ilaria Bonacossa, la neodirettrice di Palazzo Ducale a Genova, si è dimessa dal suo incarico precedente, quello di direttrice del Museo Digitale di Milano che avrebbe dovuto inaugurare. Ma l’attesa è durata troppo a lungo visto che la nomina da parte dell’ex ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini risale al 2022 e il museo, se mai nascerà, aprirà i battenti nel 2026. Non per questo rinuncerà alla valorizzazione delle nuove tecnologie. E dopo la pubblicazione del servizio «Massacro digitale» che ha analizzato le ragioni per cui la ricerca digitale viene generalmente snobbata dal mercato nonostante risalga a soli due anni fa il boom (rivelatosi poi nefasto) degli Nft, Bonacossa spiega in questa intervista la sua ricetta e anticipa i progetti per Genova.

Che cosa hanno rappresentato gli Nft per il mercato?
Un’enorme bolla speculativa rispetto a un fenomeno diventato immediatamente popolare non per le sue qualità estetiche, ma per la possibilità teorica di moltiplicare il valore in maniera esponenziale.

Si è creato un cortocircuito pericolosamente ambiguo e in molti hanno pensato che l’arte digitale fosse nata con gli Nft dimenticando che le radici risalgono addirittura agli anni Sessanta.
Pensi che molti mi definivano la direttrice del museo degli Nft. Beeple era diventato celebre come Ronaldo, ma i Non fungible token rappresentavano un mercato drogato da sé stesso e dai valori delle criptovalute. Si era confusa l’arte con la finanza più aggressiva e l’atteggiamento appariva simile a quello che si ha nei confronti dei futures. Trovo poi che il sistema di disintermediazione, di per sé estremamente interessante, aveva innescato una forma di speculazione a danno degli artisti. Questi ultimi infatti pagavano per iscriversi sulle piattaforme illudendosi di raggiungere cifre stratosferiche. In realtà, pochissimi ce l’hanno fatta e solo quelli che sono stati supportati dal sistema tradizionale e in particolare dalle case d’asta.

Pensi che dopo lo sboom, per gli Nft ci possa essere una ripresa?
Probabilmente sì, ma con criteri e regole completamente differenti.

Per quale ragione oggi, nonostante una società ipertecnologizzata, la pittura è tornata a essere il medium dominante con l’ultracontemporaneo che spopola tra gli under 40?
In un’epoca di crisi con guerre, inquietudini sul futuro e forti tensioni politiche, si trova rifugio nei linguaggi più tradizionali e la pittura costituisce da sempre l’espressione artistica con cui è più facile riconoscersi.

Al contrario della pittura, l’arte digitale è attualmente ai margini del mercato.
Non mi stupisco che questo avvenga. È il medesimo percorso che ha avuto la videoarte (e prima la fotografia), un fenomeno di nicchia, almeno sotto l’aspetto commerciale, sino all’inizio del Terzo Millennio sostenuto da pochi collezionisti illuminati. Ma anche nei confronti del digitale la situazione sta progredendo. Come ha scritto anche lei, istituzioni che prima non se ne occupavano come il MoMA e il Whitney di New York hanno previsto committenze e acquisizioni. Anche la Serpentine di Londra sta facendo un ottimo lavoro e pochi giorni fa ha inaugurato una personale di Refik Anadol. Non dimentichiamo che musei di arte digitale stanno nascendo in tutto il mondo.

Lei invece ha abbandonato il digitale...
Nemmeno per idea. Palazzo Ducale è uno spazio monumentale con straordinarie potenzialità che consente ai visitatori di vivere esperienze culturalmente differenti, lontane nel tempo. Attualmente, per esempio, Artemisia Gentileschi convive con una mostra di Steve McCurry e con una preziosa rassegna di libri e manoscritti antichi. Il mio scopo è quello di creare un rinnovato dialogo tra le arti in un luogo davvero unico come Palazzo Ducale. In tal senso, l’apporto delle ricerche tecnologiche appare fondamentale.

Mi spiega meglio?
Credo in un sistema phygital dove sia possibile usare la tecnologia per costruire un ponte tra il mondo digitale e quello fisico. La realtà aumentata, così come il metaverso o l’intelligenza artificiale, possono essere strumenti preziosi per allargare l'esperienza della visita.

Queste sono applicazioni che consentono una fruizione inedita. Ma ha previsto progetti specifici di arte digitale?
Sicuramente. Sono particolarmente interessata alla relazione uomo-macchina che rappresenta uno degli ambiti di ricerca in grado di trasformare la nostra esistenza e nel prossimo futuro commissionerò una serie di opere ad artisti italiani e internazionali tra i più innovativi nell’ambito delle indagini tecnologiche.

Può già fare qualche nome?
Vorrei coinvolgere inizialmente gli americani Trevor Paglen e Ian Cheng, l’irlandese John Gerrard, il danese Jakob Kudsk Steensen, oltre a Studio Azzurro, Eva e Franco Mattes e fuse*, il collettivo italiano di artisti mediali. Ma il cammino sarà molto più lungo.

Ilaria Bonacossa

Alberto Fiz, 28 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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