Claudio Strinati
Leggi i suoi articoliIn linea di massima è sconsigliabile parlare troppo all’interno di un museo. Certo, le scolaresche sono accompagnate e fanno laboratori didattici interessanti e divertenti in ogni parte del mondo, e le visite guidate, per grandi e piccoli, di necessità sono parlate, anche se non arrecano grande disturbo agli altri visitatori perché, grazie agli auricolari, la guida può parlare a voce normale anche nei gruppi più numerosi. Ma non si capisce mai bene quale sia il limite consentito.
La visita alle fiere antiquarie e contemporanee, invece, implica il contrario: il massimo piacere consiste nelle conversazioni. I titolari degli stand sono strafelici di essere continuamente interpellati dal visitatore, colto o ignaro che sia. Devono vendere la loro merce e il colloquio è lo strumento principe per parlare d’arte in sé. Ti piace o non ti piace? Ma l’autore chi è? Che senso ha questo pezzo? Ma è arte o no? E come si capisce se è arte oppure no?
L’interlocuzione con chi è materialmente presente nello spazio espositivo genera il massimo del piacere e del divertimento. Entri nello stand e l’antiquario ti insegnerà, senza voler propriamente insegnare, cose che non ti saresti mai neanche sognato di notare. Non hai i soldi per comprare? Non fa niente, se non altro hai compreso come funziona quella macchina.
Le visite guidate tradizionali al museo non sempre raggiungono questo scopo, perché raramente sono colloqui. Ti spiegano tante cose ma, se non c’è alcuna interlocuzione, dopo due minuti non ti ricordi niente e neanche ti chiedi se ti piace o no. Ma da un po’ di tempo a questa parte questo criterio è stato molto aggiornato e migliorato ed è un gran bene (culturale).
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