Maria Sancho-Arroyo
Leggi i suoi articoliDopo la sua scomparsa il 26 marzo scorso, Richard Serra è al centro dell’attenzione mondiale con pubblicazioni e profili sui social media che gli rendono omaggio. Le sue sculture hanno sempre suscitato in me un profondo rispetto, in particolare quelle all’aperto, dove la loro imponente grandezza ci fa sentire, in confronto, decisamente minuscoli. Maestro indiscusso della scultura contemporanea, Serra rimarrà impresso nella memoria per aver saputo trasformare blocchi di acciaio, dal peso di svariate tonnellate, in forme di una sobrietà elegante che adornano gli spazi di collezioni private e piazze pubbliche di città sparse nel mondo.
Il mio intento, tuttavia, non è scrivere l’ennesimo necrologio elogiativo, bensì porre l’accento su un episodio curioso che ha visto protagonista una sua scultura conservata presso il Museo Reina Sofía di Madrid. Non è inusuale che i musei perdano il filo di alcune opere d’arte, considerando che soltanto una parte limitata del vasto inventario viene esposta al pubblico. Tuttavia, che vada smarrita una scultura di acciaio del peso di 38 tonnellate è un evento decisamente fuori dall’ordinario. Il libro Obra maestra/Masterpiece: 688 (2022) di Juan Tallón si sofferma sulla sua sparizione dal museo spagnolo. Nonostante le indagini approfondite e un racconto coinvolgente, l’autore non giunge a una conclusione definitiva, lasciando il caso irrisolto. Per la sua apertura nel 1986 il museo aveva commissionato a Serra, all’epoca già affermato, l’opera «Equal-Parallel/Guernica-Bengasi», ricevendo elogi per il suo minimalismo imponente. Successivamente messa in deposito, nel 1990 fu trasferita in un magazzino esterno a causa della mancanza di spazio. Dopo 15 anni, quando il museo richiese l’opera, questa era svanita e l’impresa di magazzinaggio fallita a causa dei mancati pagamenti da parte dei suoi clienti, istituti pubblici spagnoli tra cui anche il Reina Sofía.
La sparizione della scultura scosse l’ambiente artistico in tutto il mondo, portando a una risoluzione sorprendente. Serra acconsentì a ricreare l’opera per 100mila dollari, metà del prezzo originale, e il museo trattò la replica come autentica. Un patto tra l’artista e il museo ne sancì l’unicità: se l’originale fosse riemerso, si sarebbe dovuto decidere quale dei due esemplari tenere e quale eliminare, un curioso sviluppo per un artista il cui lavoro ha sempre dialogato con il tema della presenza/assenza.
Attualmente «Equal-Parallel/Guernica-Bengasi» trova posto nella sala 102 del museo, con la data di creazione indicata come 1986, nonostante sia stata forgiata nel 2008. Questo particolare apre la discussione sul momento esatto in cui nasce un’opera d’arte: è con la concezione iniziale dell’artista o con il completamento fisico dell’opera stessa? La questione assume un fascino particolare nel caso di sculture di vasta scala realizzate con materiali che esigono lavorazioni complesse, impresa della mente creativa dell’artista ma non direttamente delle sue mani (l’opera fu realizzata da una fonderia tedesca, Ndr).
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