Gian Enzo Sperone
Leggi i suoi articoliL’arte (e il sistema che ruota intorno all’arte) ha visto pestilenze, guerre atroci, campi di sterminio, inondazioni orribili (esondazioni), carestie, cavallette affamate… e ha sempre rialzato il capino per la consolazione di noi umani: ansiosi, astiosi, rumorosi, omertosi, e ultimamente anche contagiosi. Perché è la bellezza, baby. La bellezza vince sulle bruttezze e ristora l’anima. Ma c’è ancora in giro l’anima? Sì, ed è sempre in movimento.
Trasmigra, viaggia a velocità supersoniche e bisogna usare la lanterna di Diogene per incontrarla. Diogene. Chi era costui? Nient’altro che una delle maschere dell’arte e della filosofia, che per un raggio di sole sfida la pazienza di un imperatore e la sua benevolenza. Perciò è sempre rimasto in una botte. Così l’arte cambia pelle. Passa da strimpelli inudibili a melodie incantevoli, sino a sinfonie complesse in cui entra pure la matematica. Si contraddice, ma non demorde mai.
Quello del canto monodico è piuttosto il problema delle arti visive.
Il pittore, lo scultore, l’architetto si chiudono in casa o la casa la sfasciano. Ma insomma da soli si tormentano e creano. Questo è sempre costato qualcosina a tutte le società da quando mondo è mondo. Ma una volta c’erano i cardinali, il papa, i re e i banchieri. Resta una borghesia illuminata che si vorrebbe deridere perché mette troppi soldi nell’arte. È andata avanti magnificamente, ancorché dolorosamente, sino ad oggi.
Allora perché mai il sistema che ruota intorno all’arte (nessuno oserebbe mai menzionare l’arte stessa) ora dovrebbe collassare? E gli artisti suicidarsi e le gallerie e i musei e le fiere dell’arte spomparsi e i collezionisti entrare in paranoia per buttare le collezioni nel tritatutto delle aste? La risposta (odiosa) sta in un articolo su «La Stampa» del 16 aprile, dal titolo improvvido di «Tsunami sull’arte, il Coronavirus si abbatte...».
Una novella Savonarola formato famiglia zelantemente ci informa che un Jeff Koons è stato venduto per 91 milioni e che non va bene, e subito dopo, con tono apocalittico, ci predice che il mondo dell’arte contemporanea rischia di scomparire se non smette di «vendere aria fritta». La giornalista, che ha infilato una serie di ovvietà (in parte condivisibili come i luoghi comuni), tutte comunque da dimostrare, usando fonti di informazione scelte arbitrariamente, dovrebbe avere la potenza inventiva di Cassandra per garantire perentoria al lettore che lo tsunami sull’arte cancellerà il 70% delle gallerie d’arte (a Torino dicono, come Bobbio, «esageruma nen») e che molte star della pittura potrebbero cambiare mestiere.
A parte che in questo momento drammatico Cassandra non concede interviste e che è di gusto molto discutibile gufare contro e giocare come i ribassisti nella borsa, sarebbe più elegante chiamare il popolo a raccolta. Come Alberto da Giussano o Winston Churchill sotto la minaccia nazista. Mettere insieme notizie tendenziose, ovvero di tendenza, basate sul nulla, questo sì, è aria fritta. Il mondo intero uscirà con le ossa rotte e prima dell’arte soffriranno le industrie (anche quelle a norma) che non inquinano lo spirito ma ingrassano i virus. Non ci vuole un algoritmo né la Sibilla Cumana per prevedere rivolgimenti epocali.
La giornalista pensa che sia un dovere primario di chi fa informazione lanciare allarmi su un mondo dell’arte che normalmente non nutre la pancia ma consola lo spirito? Ci metta un po’ di entusiasmo e allunghi il suo sguardo su settori nel mondo in grave sofferenza per fame, guerre, ignoranza e superstizione e ricordi a tutti che invece, da migliaia di anni, l’arte si rinnova, ricrea se stessa e nutre il mondo nonostante la malasorte.
Anche questa volta l’arte troverà la sua strada di resilienza, ne sia sicura. E, visto che ci siamo, avvisi prudentemente tutti i naviganti che presto saranno i mondi dell’acciaio, delle compagnie aeree, del turismo, della ristorazione e dell’automobile a entrare in crisi profonda. Abbia il coraggio di consigliarli se comprare una nuova automobile, una nuova barca, una nuova casa, un nuovo gilet, una nuova torta, o invece no. Allegria!
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