Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliDomenica 26 maggio, a dodici anni dalla forte scossa di 5.9 gradi del 29 maggio 2012 che provocò morti e devastazioni nelle province di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia, Parma, Bologna e Rovigo, riapre il Duomo (chiesa dei Santi Filippo e Giacomo), uno dei simboli del Terremoto dell’Emilia.
L’edificio ha una struttura esterna risalente ai primi del XVI secolo, gli interni del 1770-73 sono opera dell’architetto ferrarese Angelo Marescotti, mentre la facciata risale al 1807.
I complessi lavori di riqualificazione e miglioramento sismico dell’antico edificio, gestiti dalla Arcidiocesi di Modena - Nonantola e finanziati con 6 milioni di euro dalla Regione Emilia Romagna attraverso il Programma delle opere pubbliche e dei beni culturali danneggiati dal sisma, sono partiti nel marzo 2019: affidati a Giuseppe Iadarola (responsabile unico del procedimento) e Micaela Goldoni di Politecnica Modena (direttore dei lavori) ha visto all’opera le imprese Lares di Venezia, Alchimia laboratorio di restauro di Cavezzo (Mo) e Martini & Martini di Magnacavallo (Mn).
«Già le scosse del 20 maggio ’12, spiegano Iadarola e Goldoni, causarono il crollo di pietre dalla facciata e quell’immagine fece presto il giro del mondo, poi quelle ancora più forti del 29 maggio fecero il resto. Colpirono la struttura architettonica dell’edificio danneggiando anche gli interni, gli arredi pittorici, gli altari, la cantoria lignea. I problemi maggiori furono però il crollo della porzione sommitale della facciata, della retrostante volta in legno e gesso della navata centrale e delle volte in muratura delle navate laterali nonché un esteso stato fessurativo sulla volta dell’abside e lungo tutto il fusto del campanile adiacente». Da lì l’intervento durato cinque anni: «Tra gli interventi eseguiti, proseguono i due progettisti, c’è stata la realizzazione di un’intelaiatura metallica nella cella campanaria e la reticolazione in fibre lungo tutto il fusto che, insieme alla nuova scala in legno e ai nuovi impalcati, riduce la possibilità di espulsione per schiacciamento a compressione del campanile. Per l’abside è stato studiato un sistema di elementi di rinforzo in fibra di vetro sopra le nervature estradossali e un cordolo in acciaio perimetrale. Abbiamo tenuto anche presente il tema della “ricostruzione” che in alcuni casi è stata possibile grazie a rilievi geometrici o fotografici antecedenti al sisma, mentre in altri si è tradotta in una ricerca volta a trovare il giusto equilibrio con gli elementi superstiti. Sulla facciata, infine, abbiamo mantenuto una piccola traccia del sisma, creando una sorta di dialogo tra la muratura esistente e quella nuova».
Per quanto riguarda la decorazione pittorica, oltre a dipinti di Sebastiano Filippi detto il Bastianino (1536-1602), Giuseppe Maria Crespi (1665-1747) e Sigismondo Caula (1637-1724), c’è il «San Lorenzo in adorazione della Vergine con il Bambino» di Guercino (1591-1666), restaurato pochi anni fa. L’opera, realizzata nel 1624 per la Chiesa di Sant’Agostino, l’attuale chiesa del Seminario di Finale dov’è stata fino al 2012, negli ultimi tempi era al Museo diocesano e benedettino di Nonantola (Mo) e ora entra nel Duomo finalese.
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