A Palazzo Bonaparte, una mostra antologica di 120 opere, tra dipinti, disegni e sculture, celebra, a un anno dalla morte, l’arte ironica di Fernando Botero (1932-2023). Curata dalla figlia, Lina Botero, con Cristina Carrillo de Albornoz, la rassegna illustra sessant’anni di omaggio artistico alla pinguedine fisica, intesa come misura della felicità.
Fu guardando una riproduzione di un’opera di Piero della Francesca, che il colombiano, allora giovane e alla ricerca di una cifra stilistica personale, trovò nella dilatazione massiva dei corpi lo stratagemma per conferire alle forme una solidità intrisa di umorismo. La mostra di Roma celebra quindi anche il legame profondo con l’Italia e la sua cultura artistica, ma anche con la sua realtà sociale: dal 1983 l’artista ha iniziato a trascorrere tutte le estati a Pietrasanta, dove aveva acquistato una casa. E a Pietrasanta ha voluto essere seppellito. L’Italia, diceva, era la sua seconda patria. E molti dei suoi omaggi a capolavori della storia dell’arte erano rivolti ad artisti italiani.
Così, in mostra si può vedere il suo «Omaggio a Mantegna» (1958) realizzato all’indomani di una sua visita estasiata alla Camera degli Sposi a Mantova. Per una traduzione del genio mantegnesco in rispettosa parodia boteriana, dipinse, in chiave corpulenta, i personaggi della scena della corte dei Gonzaga, nel momento in cui Ludovico riceve una lettera dal suo segretario Marsilio Andreasi. Altri omaggi in mostra sono quelli dedicati alla «Fornarina» di Raffaello, a «Las Meninas» di Velázquez e a opere cardine di Rubens, Van Eyck, Ingres, e ancora Piero: il ritratto-dittico di Federico da Montefeltro e Battista Sforza, visto dagli occhi deformanti di Fernando Botero, acquisisce, per l’abbondanza delle carni, una levità che toglie profondità, ma aggiunge allegria, quella che ha permesso all’artista di raggiungere un pubblico molto vasto e una celebrità mondiale. Non solo di musei s’è cibata l’onnivora arte di Botero, ma anche del mondo che aveva intorno, soprattutto, secondo le sue testimonianze, quello che aveva intorno da bambino. Quindi il circo, la corrida, ma anche la vita di strada dell’America Latina, apprezzata in seguito ai suoi lunghi soggiorni in Europa. Altre sfere da cui ha attinto i suoi soggetti, sono la religione, il mito, l’antichità classica. Il tutto sempre visto con quell’accentuazione volumetrica, che ha costituito la filosofia stilistica dell’artista per tutta la sua lunga vita