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Gemma Sena Chiesa

Foto Cortesia Federica Giacobello

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Gemma Sena Chiesa

Foto Cortesia Federica Giacobello

Gemma Sena Chiesa, studiosa rigorosa e di grande umanità

Il 21 luglio è mancata l’archeologa milanese dai molteplici interessi: dalla glittica ai vasi apuli fino alla romanizzazione e al collezionismo

Federica Giacobello

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Il ricordo di Gemma Sena Chiesa (1929-2024), professoressa emerita di Archeologia classica, non può che aprirsi sottolineando il fondamentale contributo apportato, nella sua lunga e feconda attività, all’innovamento dei metodi e delle prospettive di studio e di ricerca nella disciplina archeologica.

La sua carriera accademica è legata all’ateneo della sua amata città, l’Università degli Studi di Milano dove si laurea nel 1952 con una tesi dedicata alle stele funerarie aquileiesi, con Mario Attilio Levi. Professoressa incaricata di Etruscologia e antichità italiche dal 1970 al 1979, Gemma Sena Chiesa divenne quindi professoressa ordinaria di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana, cattedra di cui fu titolare dal 1980 al 2004; fu direttrice della Scuola di Specializzazione in Archeologia della Statale e presidentessa della Consulta Nazionale Universitaria per l’Archeologia del mondo classico (1996-2002).

Ben presto ha l’occasione di intraprendere quello che è stato uno dei suoi campi privilegiati di ricerca, la glittica, della quale fu riconosciuta maestra: nel 1966 pubblica Gemme del Museo Nazionale di Aquileia, a cui segue nel 1978 Gemme di Luni, studi che hanno segnato una svolta nell’approccio a tale classe di materiale e che continuò per tutta la sua attività scientifica sino all’ultimo suo volume Gemme antiche. Arte lusso e potere nella Roma dei Cesari (2023), il primo manuale dedicato alle gemme e cammei di età ellenistico-romana. Contemporaneamente nutre l’interesse per i vasi italioti figurati, in particolare apuli, come lei stessa ricordava, inserendosi in una tradizione di studi della Statale, che ha avuto insigni esponenti quali Giovanni Patroni, Carlo Albizzati e Arturo Stenico di cui portò avanti l’operato con il suo articolo Vasi apuli di stile ornato del Pittore di Licurgo ed a lui prossimi del 1968. Particolare attenzione ha rivolto alla lettura iconografica e iconologica delle scene e dei miti rappresentati, considerandoli come efficace espressione della società che li aveva prodotti, di cui i vasi erano importante testimonianza e strumenti per comprenderla e indagarla.

Alla sua curatela e al coordinamento di un’equipe di studiosi suoi allievi, si deve la pubblicazione di due importanti raccolte: la collezione Lagioia e la collezione Banca Intesa, la storica collezione Caputi di Ruvo di Puglia costituita da ceramica attica e magnogreca, di cui già nel 1971 aveva pubblicato i principali vasi nel Corpus Vasorum Antiquorum Milano, Collezione H.A.

L’interesse per i vasi figurati fu spesso legato allo studio del fenomeno del collezionismo d’antichità nell’800 e nel ’900 e della ricezione dell’antico nella società moderna. La volontà di un confronto tra gli studiosi in merito a tali tematiche e di comunicare le stesse al grande pubblico portò alla realizzazione di una grande mostra, apprezzatissima, tenutasi a Milano a Palazzo Reale nel 2004: «Miti greci. Archeologia e pittura dalla Magna Grecia al collezionismo», ancor oggi punto di riferimento con il suo catalogo. Nel convegno internazionale «Vasi, immagini, collezionismo» organizzato dalla Sena Chiesa nel 2007 continuò la riflessione sulle problematiche legate al rapporto tra pubblico e privato nella valorizzazione del patrimonio collezionistico, e su sviluppi e prospettive dello studio delle produzioni pittoriche, quest’ultima tematica affrontata anche nella mostra, sempre a Palazzo Reale, «Mito e natura dalla Grecia a Pompei» curata nel 2015 con Angela Pontrandolfo, che pose l’attenzione sul rapporto uomo e natura nell’antichità e la sua rappresentazione.

Sua fu la volontà di far uscire l’archeologia e la ricerca dalle accademie e portarle alla comunità (l’attuale terza missione), farle conoscere alla gente, con i giusti strumenti e un linguaggio adeguato.

Già nel 1990 realizza la mostra «Milano Capitale dell’Impero romano» che s’inserisce in un campo di ricerca, da lei molto apprezzato, inerente alla conoscenza della Milano romana, a cui nel 2013 fu dedicata un’altra importante rassegna, «Costantino 313 d.C.». Suo interesse precipuo fu lo studio della romanizzazione nel Nord Italia e all’apporto della Cisalpina nella formazione della cultura romana, che persegue anche grazie alle attività di scavo in grado di restituire nuovi importanti dati ed evidenze: partecipa agli scavi di Luni diretti da Antonio Frova (1967-77), dirige le campagne nel vicus sul Lago Maggiore di Angera (1978-87), e dal 1989 sino al 2004 è direttrice degli scavi, a lei molto cari, di Calvatone-Bedriacum (Cr), centro nel territorio padano all’incrocio tra la via consolare Postumia e il sistema fluviale Oglio e il Po. I primi risultati della ricerca a Calvatone furono elaborati in una grande mostra a Cremona, «I tesori della via Postumia» (1996) e in un convegno «Optima Via».

Alcuni dei suoi numerosi e fondamentali contributi inerenti alla Cisalpina in età romana e tardoantica sono stati recentemente ripubblicati in unico volume Gli asparagi di Cesare, Studi sulla Cisalpina romana (2014). Quella citata è solo una parte della sua cospicua e poliedrica produzione scientifica e della sua intensa attività di ricerca. Gemma Sena Chiesa univa alla rigorosa preparazione scientifica, sempre alimentata da studi e letture sino ai suoi ultimi giorni, una curiosità e una passione che le permettevano di affrontare e indagare ogni questione da diversi punti di vista e soprattutto con uno sguardo ampio, riuscendo ad avere una visione complessiva e sintetica del mondo antico e in generale sulle cose. Una maestra e una grande studiosa capace di unire al talento scientifico e didattico una grande umanità.

La copertina del volume

Federica Giacobello, 29 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

Gemma Sena Chiesa, studiosa rigorosa e di grande umanità | Federica Giacobello

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