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Stella Falzone

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Falzone: «Reperti mai visti vi aspettano nella hall del MArTA»

La direttrice del museo tarantino, uno dei più importanti d’Italia, traccia un bilancio dopo i primi sei mesi d’incarico: «Prestiamo più opere di quante ne riceviamo»

Daniela Ventrelli

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Incontriamo Stella Falzone (che ha sostituito Eva Degl’Innocenti passata alla guida dei Musei Civici di Bologna, Ndr), archeologa e ricercatrice romana con una lunga esperienza in Italia e all’estero, per un bilancio di questa prima stagione alla direzione del MArTA-Museo Archeologico Nazionale di Taranto. 

Direttrice, il suo ruolo è fra i più delicati nel panorama museale del Sud Italia per l’indubbia rilevanza del patrimonio archeologico dell’antica colonia di Sparta e per la storia moderna di Taranto. Più volte ha ribadito l’importanza di un ritorno alla centralità che la città deve riconquistare attraverso la valorizzazione delle sue risorse. Con quali attività il suo museo può contribuire al raggiungimento di questo obiettivo? 
Il MArTA svolge già un ruolo centrale nell’offerta culturale della città, da istituto ministeriale dotato di autonomia speciale. Una nuova offerta di spazi per mostre temporanee, dall’archeologia al mondo contemporaneo, renderà la proposta culturale ancora più dinamica e attuale. La mostra fotografica nell’ambito della rassegna musicale Medimex, alla fine di giugno, costituisce una scelta precisa in tale direzione. Il museo, inoltre, parteciperà a pieno titolo all’organizzazione della Biennale italiana del Mediterraneo: un passaggio importante per la valorizzazione strutturata di Taranto attraverso una cooperazione significativa tra istituzioni

Non appena arrivata, ha dovuto affrontare e gestire importanti cambiamenti strutturali, come un nuovo allestimento, la ristrutturazione della hall e «prime» assolute. Come procedono i lavori? 
Sono entrata nel museo in un momento in cui erano in atto processi significativi che sto portando a termine attraverso precise scelte allestitive e concettuali. Nasce così la Temporary Art: un’imponente e moderna teca di cristallo nella hall del museo che consente di esporre ciclicamente alcuni dei circa 6mila reperti custoditi nei depositi. Nell’ottica dell’arricchimento delle collezioni anche il progetto «Art in Progress», con l’inserimento nell’esposizione permanente (circa 16mila reperti) di splendidi ornamenti in oro (anch’essi nei depositi), e importanti testimonianze archeologiche riportate in Italia dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Tra queste, il famoso cratere a figure rosse con scena d’oltretomba (320 a.C. ca), prima al Getty Museum di Malibù. E poi c’è un traguardo mai raggiunto finora: il MArTA Caffè. Collocata all’ingresso del museo, la caffetteria occuperà anche parte del chiostro, consentendo ai visitatori una sosta piacevole e una permanenza più lunga tra le nostre collezioni

In una recente intervista ha affermato che il MArTA è un grande prestatore di opere, ma poche volte accoglie reperti di equiparabile valore e rilievo internazionale. Come intende rilanciare questo aspetto così importante per un grande museo?
L’eccezionalità del patrimonio del MArTA è confermata da continue richieste di prestiti per esposizioni nazionali e internazionali. La realizzazione di nuovi spazi dedicati a mostre temporanee è una nostra priorità. Avremo così l’opportunità di ospitare oggetti di altri musei, favorendo dinamiche di confronto anche in senso diacronico, rinnovando prospettive e approcci tra collezioni diverse. Il riferimento è al Gruppo statuario di Orfeo e le Sirene, rientrato lo scorso anno dal Getty e attualmente sottoposto ad analisi da parte di una commissione di esperti istituita dal MiC. Acquisiti i nuovi dati, una delle prossime esposizioni potrebbe, dunque, essere incentrata proprio su questo soggetto e su altre opere a esso collegabili

La sua esperienza internazionale nel campo della ricerca archeologica, gli anni trascorsi a Vienna nell’Österreichische Akademie der Wissenschaften, i progetti curati per la Columbia University di New York e la Sapienza di Roma, le hanno dato la misura dell’importanza della ricerca scientifica per avanzare anche nella valorizzazione più «grand public» come quella a cui un museo, fra le sue funzioni principali, deve aspirare. Da quale delle produzioni artistiche tarantine inizierà questo nuovo percorso? 
Avverto la rilevanza del potenziale scientifico di un museo che raccoglie testimonianze archeologiche di primissimo rilievo della città come del suo territorio, dalla preistoria all’epoca tardoantica. Da archeologa classica, con particolare interesse per il periodo romano, penso a tutti i temi connessi alla conquista romana di Taranto, al passaggio dalla «polis» al «municipium», della cui istituzione si conserva nel museo una copia dell’originale bronzeo della legge. Un documento eccezionale che potrebbe diventare un prossimo tema di ricerca, coinvolgendo studiosi e istituzioni che si occupano oggi di pianificazione urbanistica della città.    

Dal Palatino a Ostia antica, dalle magnifiche pitture parietali romane alle «pitture» sui vasi tarantini, nella città che fu sede delle più note botteghe di ceramografi apuli, il passo non è breve ma la bellezza è sempre la stessa. Qual è stata la sua prima impressione rispetto a quest’oro d’argilla che fa da contrappunto alle più splendenti oreficerie tarantine? Le hanno suscitato qualche intuizione per una nuova forma di valorizzazione?
Un tema di grande interesse nella ricerca archeologica è la relazione sul piano tecnico e iconografico tra ceramografia greca e magnogreca e pittura parietale antica. Ciò che mi colpisce davvero nella ceramografia apula è la vivacità della fantasia compositiva, oltre che l’originalità dell’abbigliamento e degli ornamenti delle figure rappresentate. Sarebbe interessante analizzare il tema della pittura parietale tarantina per indagare gli eventuali nessi con le produzioni artigianali coeve, partendo dagli esemplari presenti nel museo. L’ausilio di analisi chimico-fisiche, inoltre, potrebbe definire con certezza materiali e tecniche esecutive

Da Roma a Taranto tutto sembra diverso, dalle origini storiche alla realtà di oggi. Com’è il bilancio personale di questi primi mesi di vita nella «metropoli» tarantina? 
Il bilancio è positivo. Nel museo posso contare su uno staff molto competente e disponibile e la città, che trovo bellissima e di cui intravedo un grandissimo potenziale, mi ha riservato una calorosa accoglienza che spero di ricambiare con impegno e passione

Cratere a volute con scena d’oltretomba (320 a.C. ca). Foto © Museo Archeologico Nazionale di Taranto

Daniela Ventrelli, 20 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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