La sensibilità di Thomas Schütte è antieroica e antimonumentale, capace di dare forma alle espressioni interiori e alla complessità della psicologia umana. Dal 29 settembre al 18 gennaio 2025 il MoMA di New York (non sono previste altre tappe espositive), gli dedica la sua prima retrospettiva negli Stati Uniti da circa vent’anni, riunendo oltre 100 opere, tra sculture, disegni, acquerelli e modelli architettonici che documentano oltre cinquant’anni di attività. La mostra è a cura di Paulina Pobocha, Robert Soros Senior Curator dell’Hammer Museum di Los Angeles ed ex curatore del MoMA, e di Caitlin Chaisson, assistente curatoriale del Dipartimento di Pittura e Scultura del MoMA.
Nato a Oldenburg, in Germania, nel 1954, Schütte ha studiato alla Kunstakademie di Düsseldorf. L’esperienza di quegli anni è stata fondamentale per la sua formazione personale, entrando in contatto con docenti e artisti del calibro di Gerhard Richter. Nello stesso periodo vide le opere esposte nella neonata Documenta da Daniel Buren e James Lee Byars. Una questione centrale per gli artisti del dopoguerra, infatti, è stata la responsabilità dell’individuo e il suo rapporto con lo spazio pubblico.
Nella celebre serie di sculture intitolata «United Enemies», Schütte ha modellato con la pasta colorata Fimo alcune coppie di uomini, legati tra loro e chiusi all’interno di una teca di vetro. Questi personaggi hanno un’età avanzata, le teste calve ed espressioni che esprimono orgoglio, astuzia, gioia e afflizione, quasi a evocare un gruppo di statisti durante le loro apparizioni pubbliche. Schütte ha cominciato a lavorare a questa serie durante un periodo di residenza a Roma nel 1992, dove aveva osservato le sculture classiche. Questi personaggi dalle espressioni enfatizzate ricordano anche le «teste di carattere» realizzate a fine Settecento da Franz Xaver Messerschmidt (1736-93). Successivamente Schütte è ritornato su queste opere, fotografandole, ampiandole e traendovi alcune litografie. In anni recenti ne ha realizzato alcuni esemplari in bronzo, in scala monumentale alte quattro metri, come quelle esposte alla mostra alla Serpentine Gallery di Londra nel 2012.
In un saggio del catalogo che accompagna la mostra, Marlene Dumas ricorda una conversazione avvenuta nel 1996 tra l’artista americano Mike Kelley e Thomas Schütte sulla scultura nello spazio pubblico. Kelly sosteneva che dovesse essere abolita, Schütte non era d’accordo. L’alcool ha poi impedito di ricordare l’esito della conversazione…