Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoli«“L’Assunta” di Tiziano è tornata ai suoi valori cromatici originali»: è questa l’opinione di Giulio Bono, che ne ha eseguito il restauro, iniziato nel 2018 e concluso in tempo per la festa di san Francesco, il 4 ottobre. Un giudizio ampiamente condiviso da Giulio Manieri Elia, direttore delle Gallerie dell’Accademia e dell’intervento, con la consulenza della soprintendente Emanuela Carpani e di don Gianmatteo Caputo dell’Ufficio dei Beni Culturali della Curia Patriarcale.
La pala, di dimensioni straordinarie (6,90x3,60 metri), è da sempre collocata dietro l’altare maggiore della Basilica francescana di Santa Maria Gloriosa dei Frari; l’unica eccezione fu nel 1818-19 quando, a seguito delle soppressioni napoleoniche, fu data in deposito alle Gallerie dell’Accademia. Illuminata sul retro dalla luce naturale delle finestre gotiche, è visibile in controluce anche da sinistra, ragione per cui Tiziano sarebbe ricorso a una cromia molto forte. L’artista eseguì il dipinto nel tempo record di due anni, tra il 1516 e il 1518, guadagnandosi l’ammirato consenso degli addetti ai lavori e del pubblico, con la conseguenza di essere consacrato quale artista veneto più autorevole della sua epoca. Il restauro è invece durato quattro anni.
Come si spiega un tempo così lungo?
Già nel 2012, chiosa Bono, si era proceduto a un’approfondita campagna diagnostica per valutare la sicurezza del sito in cui era collocata e lo stato pittorico. È però nel 2018 che è stato rimosso il grande organo Mascioni del 1928 che, oltre a costituire un pericolo di incendio e a causare vibrazioni (è stata fatta in proposito anche un’analisi vibrometrica), era infestato dai tarli. Inoltre comprimeva lo spazio della pala, anch’essa soggetta all’attacco dei tarli nei pannelli di pioppo bianco (le traverse orizzontali sono in larice), e impediva di rimuoverla in sicurezza nel caso fosse necessario spostarla. Duranti i lavori la pala è rimasta in sito, sia pure arretrata di circa un metro e non visibile al pubblico per agevolare i lavori di restauro, oltre che del dipinto, della cornice marmorea (Egidio Arlango) e di quella lignea (Roberto Saccuman).
Saranno stati numerosi gli interventi di restauro cui la pala è stata sottoposta nel mezzo millennio trascorso dalla sua realizzazione.
«Pochi quelli documentati. Uno del 1817, quando vennero effettuate ridipinture e patinature che causarono sollevamenti e distacchi del colore. Interventi rimossi da Antonio Lazzarin nel restauro del 1974, quando era soprintendente Francesco Valcanover. Esiste a proposito un filmato in bianco e nero».
Come giudica l’attuale stato di conservazione?
Sorprendentemente buono, fatta eccezione per la veste verde di uno degli apostoli e per quella marrone di san Pietro (un pigmento deperibile) sotto la quale si intravede il sarcofago della Vergine. Si è proceduto a integrare gli strati cromatici originali irrigiditi dall’invecchiamento, a integrare le poche lacune e a detergere con una leggera soluzione acquosa la polvere depositata. Si è infine mantenuta la patina protettiva, che potrebbe anche essere quella originaria.
È possibile che Tiziano non abbia eseguito dei disegni?
Impossibile, risponde Giulio Manieri Elia, data anche la complessità dell’impianto compositivo. Ma sono andati perduti. Ne rimane uno solo conservato alla National Gallery di Londra.
I cambiamenti climatici possono compromettere la conservazione?
La Basilica non è climatizzata, precisa Bono, né lo sarà mai. Ha un’escursione termica che oscilla dai 6° invernali ai 30-31° estivi. I cambiamenti climatici aggravano la situazione, ma la solidità dei pannelli lignei regge anche questo confronto.
Tutti questi fattori hanno comportato un importo di spesa molto impegnativo per una cifra complessiva di 676mila euro, interamente coperta dal Comitato Save Venice. A conclusione si può condividere il giudizio dei critici dell’epoca che riconoscevano in questo capolavoro la grandezza e terribilità di Michelangelo; la piacevolezza e la venustà di Raffaello e il colorito della natura, così pregnante nella tradizione veneta. Elementi destinati a influenzare l’arte europea, e non solo.
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