Sarvy Geranpayeh
Leggi i suoi articoliI talebani hanno appoggiato il progetto di conservazione della durata di 18 mesi per salvaguardare il sito afghano di Mes Aynak, città buddista di 2mila anni che rischia di essere distrutta da un progetto minerario a lungo rimandato.
Situata a circa 40 km a sud-est di Kabul, nella provincia di Logar, Mes Aynak è ritenuta la seconda più grande miniera di rame non sfruttata al mondo, con depositi del valore stimato di 100 miliardi di dollari. Nel 2008 il governo afghano, guidato dall’allora presidente Hamid Karzai, ha firmato un lucroso contratto con una società cinese per estrarre le sue ricchezze attraverso una miniera di rame a cielo aperto.
Lo sviluppo, che distruggerà l’antica città e tutti i suoi segreti sepolti, è stato ritardato per consentire ulteriori studi archeologici e il trasferimento dei preziosi manufatti del sito. Con la presa di potere dei talebani in Afghanistan nell’agosto 2021, è cresciuto il timore che la nuova amministrazione potesse impedire gli sforzi di salvataggio e portare avanti le operazioni minerarie. Tuttavia, il nuovo governo ha ribadito l’intenzione di preservare i resti archeologici del sito.
Ora, nell’ambito di un progetto di 1 milione di dollari finanziato dalla Fondazione svizzera Aliph, l’Aga Khan Trust for Culture (Aktc) ha iniziato i lavori per ripristinare e riparare le strutture temporanee che proteggono più di 50 siti contenenti resti archeologici a Mes Aynak, tra cui stupa, statue, dipinti murali e pavimenti.
Queste strutture sono state «realizzate nel 2010» e molte si sono «deformate sotto il peso della neve e di altri fattori ambientali», spiega Ajmal Maiwandi, amministratore delegato di Aktc Afghanistan. Il progetto intende consolidarle e sostituirle con strutture protettive stabili. Inoltre sono previsti lo sviluppo e l’esecuzione di un piano di conservazione per gli antichi resti e una prova di trasferimento di alcuni manufatti in un sito vicino.
Un gruppo di specialisti internazionali sarà presto inviato a Mes Aynak, dice Maiwandi. «Quando il piano di conservazione sarà pronto, consolideremo il maggior numero possibile di manufatti nell’anno che ci rimane». Un processo di catalogazione identificherà e darà priorità agli oggetti più critici. Il Ministero dell’Informazione e della Cultura afghano ha confermato che sono iniziati i lavori di salvaguardia del patrimonio culturale del sito e che il governo talebano è impegnato a preservare i suoi manufatti.
«La miniera di Mes Aynak ha un valore economico e culturale per gli afghani. Il Ministero dell’Informazione e della Cultura sta cercando di garantire che i suoi benefici economici raggiungano gli afghani e che i suoi tesori culturali e storici rimangano al sicuro», ha dichiarato Atiqullah Azizi, viceministro afghano della Cultura e delle Arti. Ha anche chiesto la cooperazione con la comunità internazionale per proteggere i monumenti storici del Paese.
Maiwandi afferma che il nuovo progetto di conservazione di Mes Aynak è urgente perché «senza sapere esattamente quando potranno iniziare le operazioni di estrazione mineraria, dobbiamo agire in fretta». Gli scavi condotti hanno inoltre messo in luce molti manufatti che in precedenza erano protetti dalla terra. «L’altra urgenza è quella di fermare il decadimento e, per estensione, l’ulteriore distruzione dei manufatti a causa della natura e della progressione del tempo», aggiunge Maiwandi.
Aliph, fondo globale dedicato alla protezione e alla riabilitazione del patrimonio culturale nelle aree di conflitto e post-conflitto e attualmente uno dei pochi finanziatori che sostengono progetti di patrimonio culturale in Afghanistan, afferma di essere tuttora impegnato a salvare il patrimonio culturale dell’Afghanistan e a trovare la migliore soluzione possibile per preservare Mes Aynak.
«Il sito è stato descritto come una delle più importanti scoperte archeologiche degli ultimi quarant’anni nella regione. Comprende numerosi monasteri buddhisti con stupa, sculture, pitture murali, templi zoroastriani e tracce di attività industriali risalenti alla tarda antichità», afferma Sandra Bialystok, direttore delle comunicazioni e delle partnership di Aliph.
La distruzione dei Buddha di Bamiyan da parte dei talebani nel 2001 «è stata una delle ragioni principali per cui Aliph è stata fondata», aggiunge Bialystok. «Il variegato patrimonio culturale dell’Afghanistan è un tesoro del suo popolo ma fa anche parte del patrimonio comune dell’umanità, quindi la sua protezione è essenziale». Il progetto di conservazione dovrebbe dare lavoro a 350 persone in Afghanistan, tra cui operai, architetti, ingegneri, archeologi e personale tecnico, in un momento in cui il Paese sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie del mondo.
Maiwandi lascia intendere che con il tempo il progetto potrebbe essere esteso per salvare altri manufatti. «Ci sono ulteriori siti che devono essere scavati e altre attività archeologiche che devono essere svolte», afferma. «Forse si tratta di una fase due o addirittura di una fase tre di questo progetto. Per noi preservare il patrimonio in questo sito è un aspetto importante della conservazione del patrimonio culturale afghano, il motivo principale per cui siamo coinvolti nel progetto».
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