Carlotta Venegoni
Leggi i suoi articoliQuasi tutti noi utilizziamo didascalie per comunicare nel mondo dei social network, brevi frasi che raccontano un’esperienza o mirano al presentare sé stessi. Paradossale che, una volta entrati nei musei, le didascalie lì presenti quasi mai ci soddisfino, troppo piccole e poco visibili, assenti, troppo lunghe, troppo brevi, non esaustive, troppo tecniche.
Il complesso mondo di questi appunti che dovrebbero consentire un ponte tra l’opera e il fruitore è in continuo divenire, non ha regole fisse ma vicinanze e similitudini in funzione delle esigenze dell’istituzione museale e dei bisogni dei visitatori. Ilaria Bollati e Marta Spanevello, con l’intento di fornire spunti e domande per una maggiore consapevolezza sulla forma e sulla sostanza delle didascalie museali, affrontano il tema dal duplice punto di vista dell’istituzione e dell’osservatore.
Attraverso una corposa serie di interviste a esperti del settore, le cui domande sono suddivise in sette argomenti, le autrici trasmettono pareri sul mondo della didascalia. Emerge che il suo compito deve essere quello di istituire un sistema di percorsi, di generare dialoghi ed emozioni, deve agire muovendosi tra la volontà di comunicare, il riconoscimento di questa intenzione e la propensione all’ascolto da parte del visitatore.
Il contenuto, la tipologia di testo, il registro linguistico e la veste grafica sono varianti che possono condizionarne la fruizione. Deve essere scelta in funzione della tipologia di pubblico e di oggetto che devono essere posti in relazione a essa. Grazie al digitale, potrebbe spingersi fino all’essere un suono, una performance, pur con cautela: la didascalia non deve correre il rischio di sovrapporsi all’opera.
Di-Da. Non solo una didascalia. Not just a label,
di Ilaria Bollati e Marta Spanevello, 170 pp., ill. col., it./ingl., illustrazioni di Francesca Gastone, Corraini, Mantova 2022, € 25
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