Paola Iazurlo
Leggi i suoi articoliMentre a Washington alla Phillips Collection si preparava l’appena conclusa mostra «Un impressionista italiano a Parigi: Giuseppe De Nittis» con opere della Pinacoteca Giuseppe De Nittis - Palazzo della Marra a Barletta, l’Istituto Centrale per il Restauro (Icr) ha condotto presso la pinacoteca pugliese un cantiere didattico finalizzato alla schedatura tecnico conservativa delle opere di Giuseppe De Nittis, promosso dal proprio Laboratorio materiali dell’arte contemporanea e rivolto agli studenti del IV anno della Scuola di Alta Formazione.
Il cantiere rientra in un più ampio progetto di ricerca dell’Icr dedicato allo studio della tecnica pittorica del maestro condotto con la Pinacoteca di Barletta, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta, Andria, Trani e Foggia.
Giuseppe De Nittis (Barletta, 1846 - Saint-Germain-en-Laye, 1884) conquistò presto una fama internazionale lavorando tra l’Italia, Parigi e Londra. Dopo una formazione presso i pittori napoletani della scuola di Resina, seppe rinnovare in chiave antiaccademica la pittura di paesaggio, volta a catturare, talvolta con fotografica evidenza, quelle impressioni della realtà che negli stessi anni erano al centro delle ricerche dei Macchiaioli. Giunto a Parigi nel 1867, assorbì le novità della visione impressionista e combinò il gusto per le scene di costume e di vita metropolitana con l’attenzione per il paesaggio in un linguaggio sintetico, incisivo e di grande eleganza. Nella capitale francese De Nittis riscosse subito un grande successo, partecipando alla prima Esposizione degli Impressionisti nello studio del fotografo Nadar nel 1874 e ottenendo una medaglia d’oro all’Exposition Universelle del 1878. In Inghilterra consolidò la sua reputazione internazionale producendo tra le più moderne e acute visioni di Londra, con una straordinaria sensibilità ottica per l’atmosfera e il paesaggio industriale.
Acuto osservatore della realtà, seppe abilmente sfruttare le potenzialità delle diverse tecniche pittoriche, passando dall’olio al pastello, dall’acquarello alla tempera, sperimentando i nuovi mezzi che l’industria stava a quel tempo introducendo sul mercato.
L’Icr aveva già avuto l’opportunità di confrontarsi con la tecnica pittorica di De Nittis in occasione del restauro del «Paesaggio invernale» della Galleria d’Arte Moderna di Roma. In quell’occasione è emerso un singolare vuoto di conoscenze e l’assenza di letteratura scientifica sull’argomento. Nonostante la grande fama del pittore, finora le sue opere erano state indagate prevalentemente dal punto di vista storico artistico, trascurando gli aspetti tecnici.
Per colmare tale lacuna l’Icr ha intrapreso un progetto di ricerca sui materiali adottati e le procedure tecniche sperimentate dal maestro. Allo scopo sono stati presi in considerazione i dipinti della Pinacoteca di Palazzo della Marra, dove si raccoglie la più ampia collezione di opere del De Nittis, frutto della donazione che la moglie Léontine Lucile Gruvelle fece alla città natale del maestro alla sua morte nel 1913: un corpus perfettamente conservato di 138 dipinti e 54 tra disegni, grafiche e incisioni. Lo studio è stato svolto attraverso una schedatura tecnico-conservativa e una serie di indagini scientifiche eseguite dall’Icr e dal Laboratorio di Diagnostica Beni Culturali di Spoleto.
Le 60 opere analizzate sono state selezionate in quanto le più rappresentative dal punto di vista tecnico e le meno compromesse da passati interventi conservativi, scegliendo tra supporti in tela, tavola e cartone, dipinti a olio o a pastello, verniciati e non verniciati, al fine di ottenere una visione più ampia e attendibile possibile della produzione del maestro. Uno speciale modello schedografico è stato messo a punto in tre diverse versioni, a seconda dei supporti delle opere, per meglio guidare l’esame dei dipinti e per una corretta organizzazione dei dati. Le informazioni sono state raccolte in modo da associare i dati della tecnica a quelli relativi ai problemi conservativi, così da valutare eventuali connessioni tra scelte tecniche e degrado.
I dipinti sono stati quindi esaminati attraverso un esame visivo diretto (condotto con l’aiuto di luce visibile diffusa e radente, luce UV e con microscopio digitale ad alti ingrandimenti). Speciale attenzione è stata posta al confronto tra i diversi tipi di telaio e di supporto, spesso provvisti dei marchi di fabbrica del tempo, estremamente utili per chiarire il contesto di produzione. L’osservazione dei bordi ha per messo di individuare diverse preparazioni (distinguendo tra sottili o spesse, lisce o rugose, colorate o no, di fattura commerciale o ascrivibili all’artista). Analogamente è stata considerata la presenza di tracce di disegno preparatorio, il tipo di stesura pittorica, la presenza di eventuali pentimenti e di una verniciatura finale originale. Si è fatto poi ricorso alla spettroscopia IR portatile (pFTIR) per una prima caratterizzazione delle preparazioni, dei leganti pittorici e di alcuni pigmenti. Questo mese è prevista una seconda campagna analitica per completare le indagini non invasive e approfondire l’individuazione del disegno preparatorio (IRR) e la tavolozza dell’artista (pXRF).
Parallelamente sono stati raccolti per essere analizzati nei laboratori scientifici dell’Icr alcuni microframmenti parzialmente distaccati, come piccoli campioni di fibre tessili o di preparazione. Infine due dipinti della Pinacoteca con importanti problemi conservativi, «Natura morta con kakemono» e «Procella», giungeranno prossimamente nella sede dell’Icr per essere restaurati: ciò costituirà l’occasione per un ulteriore approfondimento sulla tecnica del maestro.
Una volta confluiti in un apposito database, i dati raccolti attraverso l’esame visivo, le indagini non invasive e quelle su microprelievo di campione consentiranno di chiarire le scelte di De Nittis in fatto di materiali e procedimenti tecnici, nonché origine, datazione, contesto di esecuzione di dipinti realizzati in un momento in cui l’industria artistica stava aprendo nuovi mezzi e possibilità espressive. Interessante da questo punto di vista sarà il confronto tra le opere eseguite in Italia, in Francia e a Londra, per comprendere il livello di modernità e l’interesse per i nuovi prodotti pronti all’uso, diffusi soprattutto sul mercato d’Oltralpe.
L’autrice è Funzionaria restauratrice Icr
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Due restauri dell’Icr hanno permesso verifiche sulla tecnica pittorica del maestro pugliese. Il ritrovamento conferma la realizzazione a presa diretta di «Procella» (1868 ca), mentre «Natura Morta» (1878 ca) potrebbe essere uno dei primi esempi di collage della storia dell’arte moderna
Da oggi l’Istituto Centrale per il Restauro, con gli allievi della Scuola di Alta Formazione, è al lavoro sulla monumentale opera «Sternenfall»