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«Tutte le immagini da un libro su Pontormo» (2024), di Ciprian Mureşan. © Ciprian Mureşan

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«Tutte le immagini da un libro su Pontormo» (2024), di Ciprian Mureşan. © Ciprian Mureşan

Ciprian Mureşan: «Disegno quindi resisto»

L’artista rumeno (anche curatore del Padiglione della Romania alla Biennale di Venezia) in una mostra all’Istituto centrale per la grafica di Roma si confronta con Pontormo e Botticelli

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Redazione GDA

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Dal 2016 l’artista e curatore Ciprian Mureşan ha lavorato ed esposto più volte a Roma. L’esordio è avvenuto al Museo Canonica quando, con la cura di Pier Paolo Pancotto, ha concepito un progetto legato allo scultore Pietro Canonica, sviluppando una riflessione sul concetto di identità culturale e sociale.

Nato nel 1977 nella Romania comunista, Mureşan è rimasto segnato dalla violenza e dai disordini della rivoluzione rumena (1989), seguiti da un arduo assestamento del Paese su modelli capitalistici, per cui la sua ricerca si è polarizzata sulla messa in luce di dinamiche storiche e sociali e sulle conseguenti verità rimosse. Nel 2009 Mureşan ha rappresentato la Romania alla Biennale di Venezia (vi ha esposto anche nel 2017), mentre quest’anno vi partecipa in qualità di curatore del Padiglione rumeno, dove espongono Șerban Savu e Atelier Brenda; inoltre ha all’attivo numerose mostre, tra cui al Centre Pompidou di Parigi (2019) e alla Tate Modern di Londra (2012).

Ora l’artista è di nuovo a Roma con una personale, «Doppia ombra», all’Istituto centrale per la grafica-Palazzo della Calcografia dal 13 marzo al primo maggio, a cura di Pancotto e Maura Picciau, direttrice dell’Istituto, in collaborazione con l’Accademia di Romania e con il patrocinio dell’Ambasciata rumena. Espone oltre una ventina di carte di formato diverso, 9 lavori fotografici e una scultura, integrati da disegni, tra gli altri, di Pontormo, Tintoretto e Botticelli, che lo hanno ispirato, come chiarisce: «Nel mio Paese l’accesso ai cataloghi d’arte e agli originali nei musei dell’Europa occidentale è stato limitato a causa del blocco sovietico che lo divideva dal resto del mondo. All’epoca la riproduzione costituiva un collegamento con l’universale, per cui ho sentito necessario impegnarmi sulla copia di libri d’arte come processo di studio e di creazione. Un lavoro che ho ripreso nella personale a Roma, dove il Gabinetto dei disegni dell’Istituto mi ha messo a disposizione opere originali».

Il frutto di tale operato dà seguito a una serie avviata da Mureşan nel 2013 con un libro sull’artista concettuale olandese Bas Jan Ader, che per quattro anni disegnò sullo stesso foglio di carta, cancellando ogni volta il disegno precedente. Mureşan procedeva invece senza cancellare il lavoro antecedente, avanzando per fasi e strati sullo stesso foglio, come una sorta di strategia di resistenza e di principio di verità. Questo accumulo di immagini esistenti ne crea un’altra totalmente nuova, che, se nel passato poteva avere la funzione di «drenare» una realtà percepita come traumatica, ora, essendo il frutto di una pratica in presenza dell’originale, è la consapevolezza del superamento e di nuove prospettive rispetto a quel periodo della vita.

«La ripetizione della stessa immagine, osserva Pancotto, acquisisce un valore concettuale, in quanto rischia di farle perdere il valore semantico che dovrebbe portare con sé». «Vedendo operare Mureşan, riflette Picciau, ci si domanda quanto il nostro patrimonio storico ci coinvolga oltre la sua storia eminente, se ci guidi». Invece le immagini delle fotografie esposte sono volutamente indefinite, grazie all’uso della camera stenopeica che necessita di lunghissimi tempi di esposizione: su una delle pareti è praticato un piccolo foro attraverso il quale penetrano i raggi luminosi che riproducono l’immagine su un foglio fotosensibile posizionato sulla parete opposta.

«Tutte le immagini da un libro su Pontormo» (2024), di Ciprian Mureşan. © Ciprian Mureşan

Redazione GDA, 11 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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