La storica dell’arte Palma Bucarelli con Nino Barbantini alla XXIV Biennale d’Arte di Venezia, 1948

Interfoto, Collezione Fondazione di Modena, FMAV

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La storica dell’arte Palma Bucarelli con Nino Barbantini alla XXIV Biennale d’Arte di Venezia, 1948

Interfoto, Collezione Fondazione di Modena, FMAV

Che faccia ha chi va alla Biennale?

Alla Fondazione Modena Arti Visive 106 fotografie in bianco e nero raccontano l’esposizione veneziana attraverso gli occhi dei suoi visitatori       

Mentre Venezia è teatro della 60. Esposizione Internazionale d’Arte, Modena accoglie dal 7 giugno al 15 settembre una retrospettiva delle Biennali veneziane dal 1948 al 1986 attraverso la mostra «Facce da Biennale», a cura di Chiara Dall’Olio. Ospitata nella Palazzina dei Giardini della FMAV Fondazione Modena Arti Visive, la rassegna, come una vera e propria macchina del tempo, offre un viaggio nel passato attraverso 106 fotografie in bianco e nero, selezionate dal fondo «Archivio Arte Fondazione» formato da oltre 10mila scatti e costituito da negativi su pellicola 6x6 realizzati dall’agenzia fotografica Cameraphoto di Venezia. Una testimonianza visiva che parla attraverso i decenni e le generazioni, che racconta e riflette i cambiamenti culturali e sociali del mondo dell’arte (e non solo).

La mostra si apre con il ritratto di Palma Bucarelli alla Biennale del 1948, un evento considerato una rinascita culturale che ospitò mostre importanti come quella dedicata a Picasso e la collezione di Peggy Guggenheim, trasformando la Biennale in un punto di riferimento internazionale per l’arte moderna e contemporanea. Uno scatto del 1952 nei giardini della XXVI Biennale d’Arte di Venezia durante l’inaugurazione evoca invece l’atmosfera delle conversazioni, dei brindisi e delle risate che ancora oggi caratterizza i giorni della kermesse veneziana. Sullo sfondo la scritta «Stranieri in Italia» riecheggia il tema della Biennale 2024, «Stranieri ovunque». Se allora la presenza di stranieri in Italia era vista come un’eccezione, oggi la Biennale celebra la condizione universale della migrazione, ribaltandone la visione. È del 1958 invece l’iconico scatto che ritrae Alberto Sordi mentre osserva con sguardo perplesso la scultura «Nudo» di Alberto Viani. L’artista ebbe una sala personale alla Biennale in cui espose superfici di gesso liscio interrotte da fori con valenza metaforica ed evidentemente molto complicati per il pubblico dell’epoca. Questo scatto sembra peraltro anticipare le celebri scene del film «Dove vai in vacanza?» del 1978, in cui Sordi interpreta un visitatore inesperto della Biennale, creando un divertente parallelo tra realtà e finzione.

Il percorso prosegue con immagini che documentano altri momenti cruciali della storia della Biennale, come lo scatto del 1964 che ritrae l’artista americano Robert Rauschenberg durante l’allestimento dello spazio sul Canal Grande, sede del Consolato, con le sue sole quattro opere in cui introduce oggetti reali abbattendo le antiche barriere tra pittura e scultura. Un gesto rivoluzionario che gli valse il premio come miglior artista straniero, il primo americano a vincerlo, e che lasciò un segno indelebile nella storia dell’arte contemporanea spostando l’ago della bilancia della pittura, della critica e del mercato dall’Europa agli Stati Uniti. E ancora troviamo immagini della contestazione del 1968, dell’edizione provocatoria del 1972 che vide l’azione «Soluzione d’immortalità» di Gino De Dominicis e, ancora, La Biennale del 1978, ricordata per il Padiglione israeliano che ospitava un gregge di pecore vive marchiate con una pennellata di blu dall’artista Menashe Kadishman. «Facce da Biennale» è insomma un racconto per immagini tra arte e spettatori, passato e presente, serietà e leggerezza, offrendo una prospettiva sulla Biennale di Venezia attraverso gli occhi dei suoi visitatori.

Donne sedute all’ingresso del Padiglione Italia alla XXVI Biennale d’Arte di Venezia, 1952. Interfoto, Fondo AAF-Collezione Fondazione di Modena-FMAV

Rischa Paterlini, 07 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Che faccia ha chi va alla Biennale? | Rischa Paterlini

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