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Luce d'artista di Giorgio Griffa - Fotografia cortesia di Gianluca Platania

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Luce d'artista di Giorgio Griffa - Fotografia cortesia di Gianluca Platania

Che cosa vedere nella Torino Art Week

Come orientarsi nell’affollatissima proposta espositiva della città sold out nella settimana dell’arte contemporanea

Olga Gambari

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Nella settimana dell’arte che ruota attorno ad Artissima si possono scegliere diversi criteri per selezionare il proprio programma (fiere a parte). Dipende se a Torino si è cittadini o di passaggio per qualche giorno. Nel primo caso le cose da vedere imperdibili sono quelle temporanee, che si accendono e spengono nella settimana, perché per le mostre a lungo termine ci si può sempre prendere tempo e calma dopo gli opening. Molto meglio. A meno che non venga voglia di mondanità e allora ci si metta a seguire il calendario delle inaugurazioni dove il popolo dell’arte, dal collezionista internazionale, arrivato appositamente, al semplice curioso, formano una folla che pare uguale dappertutto. Tantissime sono le mostre e gli eventi, dal mattino alla sera, che creano una costellazione di fiere, musei, fondazioni, gallerie e spazi ibridi (per l’elenco completo scarica la mappa qui).

«Concha Michel e i suoi assistenti, Messico» (1928) di Tina Modotti Cortesia Archivi Cinemazero - Pordenone copia

CAMERA Fotografia

La mostra dedicata da Camera Fotografia a Tina Modotti (1896-1942) è la storia di una grande fotografa che viaggiò attraverso Italia, Austria, Stati Uniti, Messico, Germania, Russia, Francia e Spagna. E che fu anche attrice teatrale e cinematografica, attivista politica, combattente, animatrice del Soccorso Rosso Internazionale, traduttrice, autrice di saggi, pittrice, poeta e maestra di fotografia, capace di parlare il tedesco, l’inglese, lo spagnolo, un po’ di russo e di francese. In questa sua vita che fu un romanzo, solo sei anni li dedicò alla fotografia, quelli tra il ’23 e il ’30, sempre ispirata ai temi dell’ingiustizia, del lavoro, dell’attivismo politico, delle contraddizioni del progresso e del passaggio alla modernità, mentre realizzava ritratti di donne, dei bambini di Tehuantepec e poi degli indios, i campesinos, i vicoli e le piazze, la vita vera e quotidiana di un Messico che lei conobbe immergendovisi.

«Rabbit Inhabits the Moon» (1996,)di Nam June Paik © Nam June Paik Estate copia

MAO | Museo d’Arte Orientale

Il MAO approfondisce la figura dell’artista coreano Nam Jume Paik (1932-2006), un uomo visionario che guardava il futuro con le radici nel passato, oltrepassando confini e definizioni di generi e dimensioni, innestando la tradizione nella transmedialità, dando corpo al suono e immaterialità alle immagini. Una delle anime di Fluxus, pioniere nella video e media art come nella performance, che declinò la sua poetica di sciamanesimo elettronico perché l’artista, come lo sciamano, deve agire nel mezzo e congiungere mondi diversi, in una circolarità che è legge cosmica. La mostra «Inhabits the Moon», prende il titolo da un’opera omonima del 1996 e si ispira al soggetto del coniglio lunare famoso in molte culture asiatiche, si compone di 17 installazioni di Paik in dialogo con opere di artisti contemporanei e con una selezione di manufatti coreani provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali.

«Al cinema» (1988) di Salvo © Photo Cristina Leoncini, Torino, Cortesia Collezione privata.jpg

Pinacoteca Agnelli

Salvo (1947-2015) è protagonista alla Pinacoteca Agnelli con la grande mostra (inaugurazione il 31 ottobre alle 18), «Arrivare in tempo», che ne ripercorre l’opera. Il percorso è immaginato come una passeggiata che dal suo studio d’artista esce per esplorare il mondo, dalle strade della città fino ai confini della Terra, passando per rovine e minareti e paesaggi, mentre il cielo si incendia di tramonti. La sua ricerca sulla pittura fu concettuale e figurativa, colta e ispirata da una profonda curiosità intellettuale, che partì come ragionamento all’interno delle neoavanguardie, dell’Arte Povera, per staccarsene presto in un percorso personale e coraggioso che tornava alla figurazione, a quella pittura delle origini, di un rinascimento privato. Un respiro postmoderno in anticipo sui tempi in qualche modo, per un lavoro sempre molto amato dal pubblico, che negli ultimi anni è stato consacrato da un successo internazionale di critica e di mercato.

«Eugène Manet e sua figlia nel giardino di Bougival» (1881) di Berthe Morisot copia

GAM | Galleria d’Arte Moderna

Berthe Morisot fu l’unica pittrice del movimento Impressionista francese. Partecipò a sette delle otto mostre impressioniste che si tennero dal 1874 al 1886 e della luce fece la sua cifra vibratile, con cui smaterializzava l’apparenza condensandola in un istante irripetibile. Con un importante omaggio con 50 opere di Morisot riapre la GAM Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea di Torino, rinnovata negli spazi anche seguendo il progetto originale del 1959, che prevedeva, tra l’altro, sedie «superleggere» di Giò Ponti. Dialogano con lei le artiste contemporanee Mary Heilmann e Maria Morganti, con mostre che si aprono il 29 ottobre alle 18, mentre il percorso espositivo accoglie le interferenze produttive realizzate da Stefano Arienti nell’ambito del progetto «L’intruso», immaginato dalla direttrice della Gam Chiara Bertola. Al primo piano, invece, una sala è stata trasformata in un deposito visitabile.

«Senza titolo», 2002, Fundación Proa, Buenos Aires, 2002, Photo Ana Cambre / Marcelo Setton

Fondazione Merz

Presenta una serie di opere poco note la mostra che la Fondazione Merz dedica a Mario Merz in occasione dei cento anni dalla sua nascita. «Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola» il titolo, preso da un verso di una poesia di Merz, una sorta di augurio scelto per suggerire come l’arte possa aiutare a trovare una leggerezza nel vivere quotidiano in questi tempi pesanti. In mostra anche un tavolo lungo 20 metri ricoperto di cera arrivato dagli Stati Uniti dove venne realizzato nel 1985, tre igloo tra cui uno giocato sulla trasparenza con foglie d’oro, l’imponente lavoro pittorico «Geco in casa» e grandi disegni di forme organiche e animali che danzano sulle pareti. Con l’occasione dell’inaugurazione, il 28 ottobre alle 19 vengono anche presentati il primo volume del catalogo ragionato dell’opera dell’artista dedicato agli igloo e il video-documentario Che fare? | MARIO MERZ.

Una veduta della mostra nella Fondazione Giorgio Griffa

Fondazione Griffa

In un ex complesso industriale appena fuori dal centro, che fu prima il Lanificio Schelling e poi un magazzino della Michelin, si trovano raccolti gli studi di sette artiste e artisti che raccontano una storia dell’arte internazionale a partire dagli Sessanta. Sono Giorgio Griffa, Luigi Mainolfi e Marco Gastini (due grandi amici a cui anche la galleria Roccatre sta dedicando un doppio omaggio), Nunzio, Elisa Sighicelli Grazia Toderi e Gilberto Zorio (che ha una personale in corso nello spazio torinese di Tucci Russo). Una storia corale, e anche molto cittadina, diventa il centro di una mostra collettiva nel nuovo spazio espositivo della Fondazione Giorgio Griffa, che oltre ad occuparsi dell’archivio dell’artista, animerà un programma espositivo di cui la mostra «Inside» è un debutto. Il dialogo tra le opere, curato da Sébastien Delot, è libero e gioca su riflessi e traiettorie che si aprono naturalmente muovendosi per lo spazio.

«Fontana» (2023) di Bekhabaatar Enkhtur

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Sono tre i protagonisti delle mostre che si aprono il 31 ottobre alle 19 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Lo scultore olandese Mark Manders in «Silent Studio» presenta opere realizzate nel corso di oltre trent’anni ma anche una serie di nuove nate per la Fondazione, mentre Stephanie Heinze in «Your Mouth Come Second» racconta la sua ricerca pittorica dove si stratificano disegni a matita, inchiostro, penna a sfera e collage, in un lavoro che mette al centro l’esplorazione della tenerezza e della vulnerabilità, la compagnia e l’integrazione dello spiritualismo antico e urbano. Bekhbaatar Enkthur, infine, vincitore del Premio illy Present Future 2023 ad Artissima, in «Hearsay» è autore di una cosmogonia fantastica che indaga il rapporto tra rappresentazione visiva e linguistica, realizzata in forma di bassorilievo metallico, dove la mitologia della sua terra mongola prende vita anche con materiali organici come argilla, cera e paglia. 

«Le lâcher d'escargots» (2009) di Michel Blazy, un particolare © © Michel Blazy Cortesia Concept, Parigi

Castello di Rivoli

Si intitola «Mutual Aid. Arte in collaborazione con la natura» la grande collettiva dedicata alla sostenibilità a cura di Francesco Manacorda e Marianna Vecellio, che apre al pubblico il 31 ottobre alle 18 al Castello di Rivoli. Il titolo della mostra si ispira al concetto di mutuo appoggio proposto dal filosofo e zoologo russo Piotr Kropotkin (1842–1921) nel suo libro Il mutuo appoggio – Un fattore dell’evoluzione, pubblicato all’inizio del secolo scorso. Ribaltando la visione evoluzionista di Darwin, Kropotkin sosteneva che l’evoluzione non si basi sulla competizione e sulla legge del più forte bensì sulla convivenza collaborativa tra tutti gli elementi viventi del pianeta. Pratica che informa tutto il mondo naturale tanto da essere una sorta di legge sacra, la sua essenza profonda. La mostra si compone di opere realizzate in maniera cooperativa tra artisti ed elementi e agenti non umani, secondo progettualità collettive multi-specie.

«Retinal Rivalry» (2024) di Cyprien Gaillard © Cyprien Gaillard Cortesia l’artista, Sprüth Magers e Gladstone Gall

OGR | Officine Grandi Riparazioni

Entrando alle OGR, lo spazio del Binario 1 appare trasformato in un ambiente immersivo psichedelico dall’artista francese Cyprien Gaillardon. Il suo progetto «Retinal Rivalry» (che si inaugura il 30 ottobre alle 18), attraverso un gioco di immagini stereoscopiche in movimento che utilizzano il mezzo filmico come scultura immaginifica, coinvolge lo spettatore non solo a livello visivo. Il flusso visivo di questo artista nomade, che sembra avere mille occhi con cui attraversa dimensioni nel tempo e nello spazio, mescola visioni diverse, dall’Oktoberfest e dalle rovine romane trovate in un parcheggio degli anni Settanta sotto la cattedrale di Colonia a un Burger King in una stazione elettrica di Norimberga eletto a sede di raduni nazisti, accompagnate da una colonna sonora anch’essa prodotta da una contaminazione di suoni, dalla musica sudanese a quella di un organo incontrato per le strade di Weimar.

«Untitled» (1987-92) di Adrian Balseca Cortesia Adolfo Maldonado (Clinica Ambiental) part of Archivo Visual Amazónico

PAV | Parco Arte Vivente

Al PAV si apre il 1 novembre alle 18 la personale dell’artista ecuadoregno Adrián Balseca, a cura di Marco Scotini. Nelle sue opere si mescolano narrazioni che combinano fatti reali, archivi storici, etno-fiction e memoria, una pratica testimoniata dai progetti realizzati nell’arco degli ultimi dieci anni presenti in mostra, incentrati sulle storie locali del suo paese d’origine. L’Ecuador nel 2008 è stato il primo Paese al mondo a riconoscere a livello costituzionale la natura come soggetto di diritti, anche grazie alla visione naturale da sempre incarnata come pratica di vita dalla cultura indigena. Un approccio che riconosce una sacralità all’ambiente come patria comune. La mostra si intitola «Cambio de fuerza» evocando lo slogan «La fuerza del cambio» (la forza del cambiamento) con cui alla fine degli anni ’70 Roldós Aguilera venne eletto democraticamente primo presidente dopo il periodo della dittatura.

Maple Glade, Hoh Rain Forest, Olympic National Park, Washington 2017 © Mitch Epstein

Gallerie d’Italia – Torino

L’attenzione all’ambiente e a una natura da proteggere, perché noi stessi ne siamo parte, anima anche la mostra di «Mitch Epstein. American Nature» alle Gallerie d’Italia – Torino. La retrospettiva di questa icona dello sguardo sulla wilderness americana, mescola immagini di tre serie realizzate negli ultimi vent’anni: «American Power», «Property Rights» e «Old Growth». Le fotografie creano un flusso immersivo dal forte impatto ecologico e civile, con stampe di grande formato e con installazioni video e sonore come «Forest Wave», che segue le stagioni nelle foreste del Berkshire accompagnate dalla musica di Mike Tamburo e Samer Ghadry suonata in quelle stesse foreste, e come «Clear Cut», montaggio di immagini di Darius Kinsey, fotografo che nella prima metà del Novecento documentò il disboscamento nelle regioni del nord-ovest degli Stati Uniti, accompagnato dalla musica di David Lang eseguita dalla violoncellista e cantante Maya Beiser.

«Anche le Macchine possono Piangere» (2024) di Dario Capello

Progetti e spazi indipendenti

Sono tanti i progetti indipendenti che meritano una visita, perché si scoprono idee, pratiche, mondi che spesso anticipano tendenze e visioni. Un piccolo elenco da segnare. Lo spazio Osservatorio Futura sabato 2 novembre presenta la personale di Danilo Sciorilli «Tuttisanti», disegni raffiguranti 12 artisti storicizzati al posto dei classici santini e un reading di critica al sistema dalle 18. Da Superbudda ai Docks Dora, il collettivo Ghёddo propone la collettiva di giovani artisti «Il Futuro É Una Schiuma Cosmica». Almanacc Inn, invece, il 29 ottobre alle 18 presenta il collettivo Industria Indipendente fondato da Erika Z. Galli e Martina Rugger, in un progetto dal titolo «Blue Blue Blue Limbo». Paint It Black, poi, casa editrice dedicata all’arte, fino al 3 novembre si trasforma in un’esperienza gastronomica dove, circondati da opere d’arte e scaffali pieni di libri, sono servite ricette ideate da artisti. L’Associazione Barriera, infine, per il consueto appuntamento di «Colazione in Barriera» la mattina del 3 novembre ha invitato lo spazio Colli a presentare «Abyss Gazer», personale di Francesco Cavaliere, mentre nella stessa giornata i collettivi Sonro e Lemme ai Murazzi curano il progetto «FLOW. Shifting Memories» con installazioni sonore di Daniele Di Girolamo e Claire Frachebourg.

Olga Gambari, 25 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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