James Imam
Leggi i suoi articoliLa polizia blocca la vendita di un quadro «eccezionale» di Artemisia Gentileschi che potrebbe essere stato spedito illegalmente a Vienna. Se i giudici stabiliranno la colpevolezza dei proprietari dell’opera, il dipinto sarà definitivamente confiscato dallo Stato e potrebbe essere donato a un museo.
L’Italia torna in possesso di un dipinto «eccezionale» dell’artista barocca a Bari, la città in cui fu concepito 400 anni fa, dopo averne bloccato la vendita presso la casa d’aste Dorotheum di Vienna. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri nel capoluogo pugliese, i funzionari hanno spiegato che i proprietari privati dell’opera sono indagati per averne presumibilmente organizzato il trasporto illegale all’estero.
Uno dei maggiori esperti di Gentileschi, Riccardo Lattuada, ha sostenuto che il dipinto, valutato dalla casa d’aste quasi 2 milioni di euro, non avrebbe dovuto lasciare il Paese e ha accusato lo Stato di «incompetenza». Commissionata a metà del XVII secolo da Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, conte pugliese discendente dai governanti spagnoli dell’Italia meridionale, l’opera «Caritas Romana» faceva parte della collezione di 500 dipinti del nobile, un tempo esposta al Castello di Marchione. Il tema dell’opera è notoriamente trattato sia da Rubens che da Caravaggio nelle sue «Sette opere d misericordia» (1607 ca.): è l’antica storia romana di Pero, che allattò segretamente il padre imprigionato, Cimone.
La versione della Gentileschi «aveva il potenziale» per raggiungere la stima di 2 milioni di euro, spiega Lattuada a «The Art Newspaper». Mentre alcune opere dell’artista recentemente vendute all’asta erano sconosciute in precedenza, come l’«Autoritratto di Santa Caterina» (1614-16), aggiudicato per 2,4 milioni di euro nel 2017, e l’«Autoritratto di Santa Caterina d’Alessandria», venduto per 3,6 milioni di sterline alla National Gallery l’anno successivo, la «Caritas Romana» era ben documentata ed è apparsa in una mostra al Castello di Marchione nel 2018.
Lavorando con un’agenzia di intermediazione con sede in Toscana, gli attuali proprietari del dipinto, Michele Forte e Domenico Iannuzziello, hanno ottenuto nel 2019 l’autorizzazione dal dipartimento esportazioni del ministero della Cultura per il trasporto dell’opera all’estero, nascondendo, secondo gli investigatori, l’identità e il valore reale dell’opera. Il nucleo dei Carabinieri TPC, la squadra di polizia giudiziaria che si occupa di opere d’arte rubate, ha iniziato a cercare l’opera l’anno successivo e ne ha bloccato la vendita dopo aver scoperto che era stata messa all’incanto da Dorotheum, spiega a «The Art Newspaper» Giovanni Di Bella, capo della squadra di Bari.
L’opera sequestrata è conservata nelle «migliori condizioni» in locali gestiti dalla Soprintendenza di Bari, dice sempre Di Bella. Il suo destino finale dipende dai risultati delle indagini, ha poi aggiunto. Se i giudici dovessero stabilire che i proprietari hanno effettivamente violato la legge, il dipinto sarà definitivamente confiscato dallo Stato e potrebbe essere donato a un museo pugliese. Se, invece, saranno scagionati, l’opera sarà restituita ai proprietari, anche se con un blocco sulla sua futura circolazione fuori dal Paese.
Lattuada sostiene che è colpa dello Stato se è stato possibile che l’opera lasciasse il Paese, sostenendo che il ministero della Cultura è in parte responsabile dei fondi insufficienti per contrastare questi fenomeni. «I Carabinieri TPC fanno un buon lavoro nel recuperare opere come queste, ha detto Lattuada. Ma sarebbe meglio se questi errori madornali non venissero commessi».
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