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Cento anni fa nasceva Enrico Baj (31 ottobre 1924-16 giugno 2003) a Milano, e la sua città ha voluto celebrare l’anniversario prima con due piccole e preziose mostre, ormai concluse (alla Biblioteca Braidense e al Museo di Storia Naturale) e ora, nel mese della nascita, con il grande progetto «BAJ Baj chez Baj», dall’8 ottobre al 9 febbraio 2025, a cura di Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj per Palazzo Reale, che lo produce con Electa.
Lo spazio espositivo non avrebbe potuto essere che la Sala delle Cariatidi, là dove il 17 maggio 1972 si sarebbe dovuta inaugurare la mostra del gigantesco dipinto dei «Funerali dell’anarchico Pinelli», proprio nel giorno in cui il commissario Luigi Calabresi, che aveva diretto le indagini sulla strage di piazza Fontana (e che alcuni organi di stampa, smentiti dalla Giustizia, accusarono di essere il responsabile della morte di Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della Questura), fu assassinato da membri di Lotta Continua: «La mostra ovviamente non si inaugurò, ricorda oggi Roberta Cerini Baj. In un baleno sparirono i manifesti di cui la città era tappezzata, e di quell’opera monumentale, in Italia, non si parlò più per decenni. Con grande dolore di Baj, che quel quadro lo aveva fatto proprio per Milano. Viaggiò invece molto per il mondo: prima tappa, il Moderna Museet di Stoccolma, allora diretto da Pontus Hulten, e poi un po’ ovunque».
Fu il gallerista Giorgio Marconi a comprarlo («il ricavato andò alla vedova e alle figlie di Pinelli») e fu ancora lui a promuoverne l’esposizione nel 2012, nella Sala delle Cariatidi, che ora ospita nuovamente il dipinto-manifesto (il cui titolo si rifà ai «Funerali dell’anarchico Galli», 1910-11, di Carlo Carrà, ma che guarda con evidenza a «Guernica» di Picasso), finalmente contestualizzato, però, in un percorso di una cinquantina di opere: «Quell’opera è stata lungamente un’“icona”, ci dice Roberta Cerini Baj: ora vorremmo che, pur con la sua centralità, entrasse a far parte del suo percorso d’artista. Ecco perché lo abbiamo collocato nel fluire di questa mostra, che si apre con l’“Apocalisse” del 1978: un’altra opera centrale del suo lavoro, poiché con essa Baj inaugurò una nuova stagione, dopo la brutalità dei “Generali”, puntando sulla denuncia di temi di segno più sociale, come il consumismo o la sovrappopolazione. Temi tuttora drammaticamente attuali».
Da quest’opera combinatoria e teatrale, con i personaggi ritagliati in sagome componibili in modo sempre diverso, si parte, e a essa si torna dopo aver compiuto un itinerario circolare che, attraversa le pitture del periodo «nucleare» degli anni ’50, esibisce una parata di grotteschi «Generali» ricoperti, sarcasticamente, di passamanerie e di bottoni luccicanti, segue la lunga stagione dei «Meccano» («avviati nel 1959-60 e poi sempre utilizzati, fino alla sua ultima opera, il “Muro” di Pontedera»), tocca i «Mobili» e gli «Specchi» e si chiude con le «Dame»: «Continuò infatti a farle, con nappe e cordoni, fino alla fine mentre presto interruppe i “Generali”. Perché le passamanerie? Le vide da un tappezziere e ne restò folgorato. Pensò subito di utilizzarle nel suo lavoro, perché aveva uno sguardo speciale ed era stimolato dai materiali e dalle loro potenzialità artistiche». Sempre l’8 ottobre, al Museo della Ceramica di Savona e al MuDa-Museo Diffuso Albisola di Albissola Marina (Centro Esposizioni e Casa Museo Jorn), s’inaugura la mostra a cura di Luca Bochicchio dedicata all’opera ceramica di Baj: identico il titolo e unico il catalogo (Electa), cui si aggiunge il lemmario monografico della sua collana «AZ».